Lisbona. Secondo giorno. E fu Belém e fu la jinjinha

Il nostro secondo giorno a Lisbona per me inizia prestissimo -ovviamente – e così, lasciando che Marco dorma fino ad un’ora decente, mi metto a scrivere sul microscopico terrazzo della nostra stanza seduta su uno sgabello lillipuziano.

La via che di notte è così animata e allagata di gente, ora è vuota e silenziosa. La luce arriva da Rossio e piano piano si fa strada tra le facciate dei palazzi.
A poco a poco Lisbona si sveglia e i camerieri dei ristoranti iniziano a pulire la strada, imbrattata dai bagordi della sera prima.

starbucks - LisbonaQuando Marco si sveglia partiamo con una bella colazione da Starbucks. Sì lo so non è tipica per niente, ma Marco adora Starbucks e di mattina è sempre bene fare tutto il possibile per accontentarlo, soprattutto prima che abbia mangiato qualcosa e bevuto il caffé.
Dopo un lunghissimo caffè americano e un muffin di gomma, partiamo con quella che sarà la più lunga e sfinente giornata a Lisbona.

Saliamo sul tram n. 12 e poi cambiamo con il 28, i tipici tram di legno che attraversano la città e risalgono vie ripidissime sui loro binari di ferro, scricchiolando come vecchi ponti traballanti e tirando scossoni come montagne russe al rallentatore. Risaliamo le vie dell’Alfama, la vecchia città moresca, e ci fermiamo presso un miraduro per osservare il fiume e la città. La vista è magnifica, con l’acqua che brilla come dei riflessi di un sole mattutino, le casette bianche con pittoreschi tetti rossi e qualche campanile di chissà quale chiesa che sbuca qua e là.
Risaliamo sul tram successivo e scendiamo nella stessa zona di ieri sera – il Chiado – in cerca del miraduro di Santa Caterina. Da qui si puà vedere il Cristo Rei che sorge dall’altra parte del golfo e una serie di personaggi strani che probabilmente hanno trascorso la notte sulle panchine del parco.

Miraduro Santa Caterina - Lisbona

Chiado - LisbonaRiscendiamo verso la Baixa – città bassa – e capitiamo per caso nelle stradine dove proprio ieri sera abbiamo cenato. Ed ecco l’altra faccia di queste strade e di queste case: come una bella ragazza allegra e truccata che balla nella notte, e al risveglio appare pallida e trasandata. Il sole, salendo, batte sui suoi piccoli difetti: sulle sue piccole rughe, le crepe delle case, e sulle sue borse sotto gli occhi, strade rigonfie di bicchieri sporchi e cartacce.
I terrazzini delle case, a portata di mano dei festioli serali, sono stati usati tutti come pattumiere, ma le vecchine stendono imperterrite i loro panni al sole, coi mariti che ci guardano in mutande dai loro terrazzi, con la grossa pancia bianca appoggiata al davanzale.

Chiado - LisbonaIncontriamo un simpatico barbiere sorridente sulla soglia del suo negozio. Non resisto e gli domando se posso fargli una foto, così lui ci invita ad entrare, senza dire una parola, solo con i gesti. Ed ecco uno di quei momenti in cui il tempo si ferma e tu entri in un’altra dimensione, un mondo che non è il tuo, osservando dall’esterno come uno spettatore davanti alla tv.
All’interno è fresco e regna la penombra. Tutti gli utensili del mestiere sono in bella mostra, puliti e allineati, come se questo simpatico signore stesse aspettando un cliente da anni. Il cotone è appeso al muro, come fosse un rotolo di carta, le poltrone son vecchie e usurate, ma sembra che non ce ne potrebbero essere di diverse, come se fossero state realizzate solo per trovarsi qui, in questo piccolo negozio.
Vecchie foto, troppo sbiadite per essere di piccoli nipotini, forse fratelli, di un’altra epoca.

barbiere - Chiado - Lisbona Chiado - Lisbona

Per qualche minuto possiamo sbizzarrisci e fotografare tutto quello che vogliamo.
Nessuno capisce una parola della lingua dell’altro, per questo tutti e tre decidiamo di rimanere in silenzio e di parlare solo coi sorrisi. E lui è così felice che siamo entrati a fotografare la sua bottega, che neppure per un istante ci passa per la testa di averlo disturbato.
In un breve momento, scattando una foto, mi vedo nello specchio e mi rendo conto di quanto la nostra presenza lì sia in qualche modo una stonatura. I colori vivaci dei nostri vestiti su quelli sbiaditi della tappezzeria e delle foto, il nostro muoverci veloci sull’imobilità della stanza. La magia viene definitivamente interrotta da un signore panciuto che irrompe ancor più stonato di noi, probabilmente per tagliarsi i capelli.
Così torniamo alla realtà, quasi frastornati e abbagliati dalla luce fuori dopo che gli occhi si erano socchiusi alla penombra. Ringraziamo, salutiamo e ci rimettiamo in cammino.

barbiere - chiado - lisbona

Arrivati nei pressi di Praça de Comerço – la piazza principale che si affaccia sul fiume – ci fermiamo in un bellissimo shop di souvenirs per comprare i soliti segnalibri che riporto a casa per ricordo e altri piccoli oggetti.
Per pranzo decidiamo di mangiare un panino al volo e ci fermiamo in una panineria del centro dove io prendo anche un caldo verde, una deliziosa zuppa molto saporita. Alla faccia del panino leggero e veloce, ci alziamo pienissimi e ci mettiamo in viaggio per Belém.
Prendiamo il tram 15E che si fa attendere più del dovuto e che ci porterà in una mezz’oretta verso la zona della città che ospita le costruzioni e lo splendore del XVmo secolo.

Lungo il viaggio Marco si addormenta, il caldo è afoso e insieme al continuo movimento dimezza di ora in ora le nostre energie. Il percorso è piuttosto lungo e costeggia il lungofiume, che poi alla fine è un lungomare, perchè se ci si pensa un estuario è mare e non fiume. Una volta ho letto che la foce ad estuario si crea quando la forza del mare è superiore a quella del fiume, ed è come se si facesse spazio dentro quest’ultimo con la propria acqua, salata dunque.
Passiamo davanti ai docas , quelli che in inglese sono i docks ovvero le banchine del porto. Qui si trovano tutti i locali fashion per la seconda serata dove i ragazzi vengono a far mattino dopo un preserata al Bairro Alto.

A Belém tutto è immenso e decorato: il Mosteiro dos Gerònimos è una costruzione lunghissima che ospita una cattedrale e l’antico monastero geronimita fatto costruire da Manuel I. Enorme e bellissimo, con torrette che sembrano ricamate e dagli infiniti dettagli scolpiti su tutta la sua lunghezza ed altezza. Non avevo mai visto prima d’oggi una costruzione in stile manuelino e rimango affascinata da tutta questa attenzione ai dettagli, da questo bellissim0 ricamo che è però ben distante dalla pesantezza del barocco. Entriamo a visitare la chiesa, meravigliosa e anch’essa sfarzosa, singolare nella cura delle sue colonne che contengono animali immaginari e motivi floreali.
Mentre scimmie alate e teste di cinghiali escono dai muri, c’è qualcosa di gotico nell’aria, che però viene rallegrato dal candore della pietra. Purtroppo il tutto è violato dal poco rispetto mostrato dai turisti.

Mosteiro dos Geronimos - Belém - Lisbona

Il caldo oggi è afoso e appena alle tre del pomeriggio siamo già sfiniti. Camminare sotto il sole con gli zaini addosso ti toglie tutte le energie.
…in realtà lo zaino lo porta Marco, gentile come sempre – oppure disperato -, anche se mi dice sempre che non oggi non ha voglia e oggi porterà nulla. E alla fine è sempre pieno di cose mie praticamente inutili oltre alla reflex con due obiettivi e relativa borsa, due guide di Lisbona e una del Portogallo, un dizionario italiano-portoghese, una maglia per non prendere freddo (che sono 35 gradi all’ombra), bottiglietta d’acqua, eccetera eccetera eccetera…

Jarim do Ultramar - Belém - LisbonaFacciamo una passeggiata nel Jardim do Ultramar ombreggiato da palme altissime e arbusti tropicali. Qui regna il silenzio rotto solo dalle anatre che gironzolano ai bordi del fiume. Ci sono alberi davvero immensi, con le radici che escono dal terreno come fossero grosse vene a fior di pelle.

Qui a Belém ci sono diversi musei ed un centro culturale che si trova in un enorme palazzo moderno ed ospita la collezione Berardo. La guida promette dipinti di Picasso e stampe di Warhol, l’ingresso è gratuito e così decidiamo a dare un’occhiata.
In realtà i dipinti scorreranno via veloci, troppo ignoranti in fatto di arte per poterli apprezzare a pieno, ci gusteremo piuttosto la mostra fotografica che invece ci toccherà nel profondo.
Reportage di guerra e scene di vita quotidiana, immagini forti, alcune graffianti e toccanti. La mostra ci lascerà il segno, soprattutto Mario Macilau, con i suoi ritratti degli Zionist del Mozambico, e Alfredo Jaar, con una storia commovente e le sue cinque foto di una piccola orfana vietnamita, ripetute all’infinito in una sala immensa.

Usciti dal centro culturale siamo ancora sfiniti, il caldo è ancora soffocante e le nostre gambe, nonostante il fresco dentro il museo, sono tutt’altro che rinfrancate.
Impieghiamo le nostre forze per raggiungere la Torre di Bélem che vedremo solo da lontano giusto per indulgenza e per scattare una foto. In realtà è davvero bella, manuelina come il vicino monastero, ma siamo talmente esausti che ogni passo ci costa uno sforzo immane.
Purtroppo nessuna fermata dell’autobus si trova qui nella zona della torre, nell’estremo ovest della città, quindi dovremo riperrcorrere a piedi un paio di chilometri e tornare da dove siamo arrivati.

Torre di Belém - Belém - Lisbona

Tornati in ostello non senza prima aver bevuto la jinjinha di rito, dopo una doccia fredda sono di nuovo in forza; Marco è un po’ più stanco ma si presta come sempre. Decidiamo prima di cena, dopo una seconda jinjinha, di andare a dare un’occhiata al Parco delle Nazioni, il quartiere ultramoderno situato a nord della città, realizzato per l’Expo del ’98.

stazione d'oriente - Lisbona

Qui tutto è futuristico, dalla copertura della stazione ferroviaria, disegnata da Santiago Calatrava, a tutti i palazzi che creano uno skyline seghettato e luccicante sotto la luce rossa del tramonto. Il ponte Vasco de Gama attraversa tutto il golfo come una lunghissima passerella che si perde nella foschia della sera.

Parco delle Nazioni - Lisbona

Dopo una passeggiata sul lungofiume – o lungomare – torniamo verso il centro, l’aria è fredda e prima di cena ripassiamo in camera a vestirci. E’ tardi per mangiare e non sapendo dove andare scegliamo un ristorante superturistico sulla via principale della città Rua Augusta. Ci accorgiamo solo una volta seduti che si tratta di uno pseudo-ristorante italiano e anche se siamo contrarissimi a questo tipo di locali la fame e l’ora tarda vincono su tutto. Ordiniamo sardinas brasadas e bacalhau alla Norma, praticamente i due piatti iù tipici di Lisbona: sardine e baccalà.

La bontà dei piatti non ci farà pentire della scelta e finito di mangiare rientriamo in ostello, non senza…indovinate cosa? ovviamente non senza aver bevuto una jinjinha digestiva. Sì lo ammetto è stata la nostra passione.

Crolliamo a letto sfiniti, con le gambe a pezzi e la pancia piena.




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2 Comments

  1. …però soddisfatti!

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