Lisbona. Terzo giorno. E fu Sant’Antonio

La stanchezza della giornata di ieri ci fa dormire come sassi fino alle otto del mattino, che per me e per i miei orari è come dormire fino alle tre di pomeriggio. Ci alziamo con calma e facciamo colazione da Nicola, una bella pateleria di Rossio dove assaggiamo per la prima volta un pasteis de nata, i deliziosi dolcetti portoghesi in pasta sfoglia, ripieni di crema tiepida ed aromatizzati alla cannella. Così dolci da far venire il diabete e così buoni da far perdere la testa.

Ci sediamo ad un tavolino fuori, direttamente affacciato sulla piazza, che piano piano si popola di skaters e di turisti, mentre un pusher dopo l’altro ci passa davanti offrendoci fumo, erba o in alternativa occhiali da sole taroccati. Io me la prendo comoda e mi metto a scrivere e a friggere sotto il sole già caldo, mentre Marco se ne va in giro per negozi a cercare la sua patch di Lisbona da attaccare sollo zaino.

Cristo rei - Lisbona

Oggi è Sant’Antonio, la festa più attesa e sentita di Lisbona. Non c’è ancora aria di festa ma le bancarelle per le strade che vendono piantine di basilico nano e fiorellini di carta colorata anticipano quello che sarà un grande giorno. Il nostro ultimo giorno in vacanza solitamente è dedicato al relax e dovrebbe esserlo anche questo, ma alla fine…sarà tutt’altro.

Decidiamo di andare a vedere il Cristo Rei, un’enorme fac-simile del Cristo Redentore di Rio de Janeiro che si trova dall’altra parte del golfo, di rimpetto alla città. Prendiamo la metropolitana, traghetto e autobus e arriviamo finalmente a questo Cristo Rei, imponente e corrucciato. La vista di Lisbona da questa parte del golfo è stupenda, la visita è veloce e mentre torniamo ci godiamo il viaggio in traghetto, rilassati e tranquilli…ma non sappiamo quello che ci aspetta.

Lisbona - Cristo Rei

Decidiamo di pranzare in Largo Carmo, la piazza ombreggiata dalla jacaranda dove eravamo capitati il primo giorno. Ci sediamo ad un tavolino nella piccola piazza con la grande facciata del Convento do Carmo che ci osserva imponente. Il gestore del ristorante non fa altro che urlare per sembrare più simpatico ai suoi clienti, chiama i turisti e inizia  a preparare i tavoli quando si trovano ancora dall’altra parte della piazza. Un vero personaggio.

Ordiniamo: io un arroz de pato e Marco rice with duck. Il cameriere risponde ok, two rice.
E io paziente No. ONE rice and ONE arroz – arrosto…io penso.
Ci mangiamo entrambi un riso all’anatra, fresco e leggero, visto che arroz significa riso, e non arrosto.
Poi mi stupisco quando i turisti italiani vengono presi in giro…e pensare che anche io contribuisco a questa esilarante reputazione.

A pancia piena decidiamo di dedicare il pomeriggio all’Alfama, la zona vecchia della città. Dopo aver sbagliato tram e aver cambiato un paio di linee – perchè io ho ben tre cartine della città ma alla fine non ci inzecco mai – arriviamo nell’Alfama.
Iniziamo a risalire i suoi vicoli seguendo le indicazioni della guida. E’ il primo pomeriggio e le famiglie appena alzate dalla siesta iniziano ad appendere festoni e preparano le griglie: Sant’Antonio è festa e musica in strada, sardine e bagordi fino al mattino. A dire il vero è ancora tutto tranquillo, le macchine vanno e vengono e i negozi sono ancora aperti.

Arriviamo al miraduro di Santa Luzia e ci fermiamo a riposare dopo una serie infinita di gradini ripidissimi che ci fa toccare la lingua per terra. In questa piccola piazzetta che si affaccia su Lisbona c’è tantissima gente: da ragazzi che si rullano canne a famiglie con bambini, turisti che fotograno il panorama e barboni che gironzolano in cerca di qualcosa da mangiare.

L’Alfama, parte più celebre e decantata di Lisbona, ci piace sì, ma non ci colpisce a pieno. Sono un po’ delusa, Marco è stanco e l’umore è basso.
Ci fermiamo in un meraviglioso negozio d’artigianato, dove una gentilissima e graziosa ragazza realizza oggetti che sembrano usciti dal mondo delle fiabe. Tutti i colori del negozietto e l’acquisto di tre spillette riescono a farmi tornare il buonumore, anche se penso che sia ora di tornare alla base perchè oggi era il nostro ultimo giorno – di riposo, tra l’altro – e anche questa volta siamo stanchi e ci pesano le gambe.

Alfama - Lisbona

Stiamo tornando verso Rossio quando non troviamo più la strada, ci rendiamo conto di esserci persi. Arriviamo sul lungofiume ma decidiamo di dare un’ultima possibilità alla città vecchia, anche se Marco è stremato e – anche se non lo do a vedere – io pure.
Così risaliamo verso l’interno e scopriamo un altro mondo. Proprio come quando avevamo oltrepassato la porta del negozio del barbiere ed eravamo stati catapultati in un’altra dimensione, anche qui ci troviamo nuovamente a passare da un mondo all’altro.

La compattezza delle case e le viuzze strette fanno sì che l’Alfama, la vera Alfama, che non avevamo ancora visto, sia come un gomitolo di strade e di profumi, di suoni e di colori. E se non ti infili tra i fili stretti del suo segreto non puoi capire cosa sia, non puoi neppure avvertire la sua esistenza.
Ci infiliamo in un labirinto di stradine tutte addobbate a festa dove intere famiglie preparano tavoli, braci fumanti e lunghi vasconi di ghiaccio piene di lattine di birra. Da un momento all’altro è come se le stradine assolate e deserte si siano trasformate in un groviglio di colori e musica. Ogni piazzetta ha uno stereo che suona a tutto volume, uno suona musiche popolari, uno suona la Bomba, uno musica house aggressiva. In ogni angolo musica e colori si mescolano ai sorrisi della gente, qualcuno balla, qualcuno già fuma, altri bevono, tutti e dico tutti, sono pieni di vita ed allegria.

Alfama -LisbonaVivere una città durante la sua festa più sentita è come entrarle in pancia e ballarci insieme, sentire il suo battito e il suo odore. Questa metafora prende forma quando quando una signora cicciottella mi prende sotto braccio e mi fa ballare con lei. E’ sudata e sorridente, e io sono impacciata e felice. Guardo Marco incredula e guardo lei, che lo sta facendo così, senza uno scopo, e probabilmente non si rende conto che mi sta portando ancora più giù, nella pancia della sua terra. Dopo cinque minuti buoni di ballo, per salutarmi mi fa una carezza sul viso e mi stringe un braccio con affetto.
Di un viaggio, questi momenti e questi gesti sono quelli che ti toccano di più. Quegli sguardi che ti resteranno addosso per tutta la vita, più del ricordo di ogni mare, di ogni ogni chiesa e di ogni torre. Il tocco delle persone, la loro ospitalità e l’accoglienza, i gesti istintivi senza secondi fini. L’affetto delle persone che non conosci, l’affetto per le persone che non conosci, questo senso di fratellanza che ti fa sentire a casa ovunque sei, nel mondo.

Risaliamo tutta l’Alfama per vedere il castello di Sao Jorge e ci beviamo un mojito per aperitivo. Entriamo in qualche negozietto carino di souvenirs e guardiamo la gente che si immerge a poco a poco nella serata. Ragazze vestite per la parata, con vestiti che sembrano abiti di carnevale, tutte truccate e coloratissime. L’alcol, misto a caldo e stanchezza, inizia a darci alla testa, il mal di gambe scompare e lascia spazio all’euforia che regna ovunque sovrana.

alfama - Lisbona

Ci perdiamo nel fitto intreccio delle strade, decidiamo di tornare ma non riusciamo a smettere, a smettere di ridere, di perderci e di guardare la festa tutt’attorno. Sì, questa è festa, non una festa ma LA festa. L’ambiente è quello di certe città marocchine, o del sud dell’Italia, di quei paesi dove quando è la musica a riempire l’aria sparisce ogni ombra di razionalità. Nessun pensiero oltre alla loro festa: chi sgradella sardine sulla brace, chi mette in fresco le birre o le serve da spinatori presenti praticamente ovunque.

E’caldissimo e beviamo qualche birra per rinfrescarci, la stanchezza non si sente più, la musica la copre con il suo volume; decidiamo di cenare qui, alla prima osteria di strada con qualche posto libero. Nel frattempo infatti si è fatto tardi e sembra che tutta la città si sia riversata in queste piccole stradine acciottolate con l’unico intento di ubriacarsi di musica, birra e di sardine. Troviamo una piazzetta ancora semivuota dove un banco che distribuisce birra ha uno stereo potentissimo che suona musica da discoteca. Marco fa un po’ di fila e poi torna con un panino e una “salsiccia“. La salsiccia in realtà è un chorizo cotto alla brace che viene venduto senza pane.
Ora io non so cosa spinga i portoghesi a cuocere il chorizo e a mangiarselo – senza pane per giunta -, forse devono espiare qualche colpa e trovano che questo sia il modo più truce per farlo. E forse anche io, inconsciamente, sento di dover espiare una qualche colpa: l’aver fatto portare lo zaino a Marco anche oggi, l’averlo trascinato in giro per la città anche se era stanco morto, l’aver mangiato chili di pasteis de nata…non lo so, il fatto è che anche io sconterò la mia pena, e mangerò il chorizo cotto.

Sta di fatto che mangiare questo chorizo sarà un fardello anche per me. Il suo sapore gustoso e saporito mi ingannerà facendosi mangiare tutto – o quasi -, nonostante la percentuale di grasso non commestibile presente nell’impasto.

A pancia piena decidiamo che sì, è arrivato il momento di rientrare. Domani mattina dobbiamo essere in aeroporto alle sei, siamo stanchi e dobbiamo ancora preparare le valigie. Sono piena e con uno schifosissimo chorizo sullo stomaco che non ha la benchè minima intenzione di farsi digerire in fretta.

Come due scemi ci incamminiamo facendo finta che io sia incinta – e in effetti sembro una gravida al quarto mese -. Per farci spazio Marco mi mette un braccio sulle spalle e con una mano mi tiene la pancia. Andiamo avanti ridendo come matti in mezzo alla musica e alle centinaia di persone che riempiono l’Alfama.

Prima di andare a dormire ci fermiamo dal nostro fedele negozio di jinjinha per comprare una bottiglia da riportare a casa. Ovviamente ci facciamo anche l’ultimo bicchierino di addio come digestivo. La strada è piena di gente e mentre sorseggiamo il liquore di ciliege c’è una piccola parata che ci passa davanti al suono di musica tribale e mentre il chorizo-mattone batte sulle pareti del mio stomaco seguendo il ritmo dei tamburi, anche la comunità africana che vive a Lisbona è in festa.

Rientriamo in camera e dopo aver messo le ultime cose in valigia decidiamo di chiamare il radio Taxi per prenotarne uno che ci porti all’aeroporto. Ovviamente è quasi l’una di notte e non abbiamo ancora pensato a come gestire la cosa.

Marco continua a dire che tanto il parcheggio dei taxi è a duecento metri dal nostro ostello, ma a parte il fatto che di notte anche loro se andranno a dormire o sostare da qualche altra parte, mi viene in mente che tutto il centro è chiuso al traffico per la festa.

Ovviamente questi problemi vengono fuori sempre all’ultimo, ma alla fine che ci importa, l’aeroporto dista solo sette chilometri dal centro, male che vada ci andiamo a piedi – idea di Marco.
Chiamo il primo numero presente sulla guida e mi risponde una voce di ragazza. Stramazzata sul letto a causa della gravidanza, della stanchezza e del caldo – la stanza è un forno microonde acceso – saluto e chiedo gentilmente se could I speak english.
La risposta è no e sinceramente mi prende alla sprovvista, così con molta nonchalance, nella speranza che la signorina non se ne accorga, continuo con le mie richieste parlando in lingua britannica.
La risposta è tu, tuuuuu…ovviamente del telefono riattaccato in faccia.
Nel frattempo Marco dal suo letto – separato dal mio, come fossimo due compagni di classe delle medie – se la ride di gusto.
Riprovo speranzosa con il secondo numero, mi risponde di nuovo una voce di ragazza. Saluto e nuovamente chiedo se could I speak english. Ovviamente anche questa volta la risposta è no. Beh sinceramente non me lo aspettavo, o più che altro ci speravo, visto che la prima ragazza non aveva neppure provato a capire, se anche con questa volta fosse andata male allora ci sarebbe toccata una bella camminata.
Ma siccome la mia arguzia è ancora ben sveglia, nonostante birre, jinjinha e una lunga giornata di cammino, con molta più nonchalance di quanta non ne avessi usata al primo tentativo, parto con le prime tre parole di portoghese, ce ne metto un paio in english e ovviamente lo spagnolo, perchè io il portoghese in realtà mica lo so, e dove non arrivo le parlo in italiano, che tra lingue romanze ci si capisce quasi sempre.
Marco si sbudella dalle risate, io sono pienamente soddisfatta e mi accingo a salutarla – probabilmente in francese – quando mi chiede l’indirizzo a cui mandare il taxi.
Silenzio. Ovviamente nessuno dei due conosce l’indirizzo dell’ostello, e comunque non ci servirebbe saperlo perchè qua è zona pedonale.
In raltà stanotte la zona pedonale arriva fino a metà Rua de Libertade e io non ho più pallida idea di dove far venire questo benedetto taxi.
Nicola!
Come un lampo di genio mi viene in mente l’unico punto di riferimento vicino a noi. Il bar Nicola dove stamattina abbiamo fatto colazione, nella grande piazza Rossio.
La ragazza sembra aver capito, mi rivolge un altro paio di domande ma io sono talmente esaltata dal fatto che sono riuscita a prenotare che dico sì sì senza neppure ascoltarla.

La stanza è un forno, sotto passa ogni tanto qualche gruppo in ritardo alla parata, inglesi ubriachi che urlano a squarciagola, bottiglie che si rompono, piatti che tintinnano. La scelta è: finestra aperta con rumore, oppure finestra chiusa con il caldo.
Ovviamente Marco sceglierà finestra chiusa con il caldo, e in realtà con anche il rumore, visto che non viene isolato nemmeno la metà del casino che viene da fuori.

Lisbona -Alfama

Mi addormento grondante di sudore, con il chorizo sullo stomaco, nella pancia di Lisbona. Con la musica e il vocìo della strada che mi girano in testa. Voto alla serata, dieci e lode. Sono grondante di felicità.




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6 Comments

  1. Ciao Sara! Ho divorato letteralmente questi tuoi post sul vostro viaggio a Lisbona. Sto cercando di organizzarmi perchè a settembre andrò proprio lì con il mio ragazzo e non sai quanti suggerimenti utili mi hai dato! Sicuramente proverò la jinjinha ;)Dal tuo racconto è davvero una città “da vivere”!

  2. Ciao Elena, per me è bellissimo che tu abbia letto i miei racconti e che li abbia apprezzati.
    Se hai bisogno di consigli non esitare a chiedermi e poi…mi piacerebbe sapere al tuo ritorno se hai riscontrato quello che ho scritto.
    Magari vedrai cose diverse, oppure le stesse in modo diverso. Se ti va passa di qui a raccontarmele 😉
    Ti auguro buon viaggio!

    • Si ti ringrazio! Se mi vengono in mente dubbi o domande ti contatto 😉
      Poi quando torno ti farò sapere come è andata e cosa avrò visto e vissuto dei posti da te raccontati.
      Non vedo l’ora 😉
      A presto e grazie per i tuoi post/suggerimenti!

  3. Ciao Sara,
    mi sono letta con gradissimo entusiasmo e forse anche un pò di magone questi tre post su Lisbona. Ci sono stata quasi una settimana a febbraio e da allora..come dire..mi è rimasta nel cuore, nella testa, nell’anima..ovunque!
    Diciamo semplicemente che ora il concetto della Saudade mi sembra la cosa più chiara al mondo, e ci convivo quotidianamente nonostante siano già passati 6 mesi. Sono diventata ancora più logorroica del normale perchè da allora non posso fare a meno di condividere foto o raccontare episodi di quel viaggio, per questo ho adorato i tuoi post e li ho divorati in un solo boccone, immaginandomi tutto passo dopo passo, come se certe cose le avessi vissute anche io.
    Bè, alcune sì: pasteis de nata, jinjinha, i monumenti e altri luoghi stupendi..fortunatamente esserci stata 6 giorni mi ha fdato l’opportunità di non lasciarmi sfuggire – quasi – niente.
    Ho solo due rimpianti: non essere riuscita ad andare a vedere il Cristo, e non aver neanche preso in considerazione l’idea di andarci nel periodo della festa di Sant’Antonio. Ma ti ringrazio perchè leggendoti è un pò come esserci stata!
    Ho appena scoperto il tuo blog, adoro come scrivi e ora passerò in rassegna uno per uno tutti i tuoi post, così sognerò ancora un pò 🙂

    • Grazie Michela,
      grazie per essere passata di qua e per aver letto i miei racconti.
      Capisco il tuo amore per Lisbona, molto simile a Genova, non credi?
      Segnati per il prossimo Giugno di visitarla per la festa di Sant’Antonio e la vedrai al massimo del suo splendore, gioiosamente in festa!
      Un abbraccio

  4. Ciao Sara!
    Ho letto tutti i tre articoli su Lisbona, letti.. oddio, divorati!
    Ho una passione per il Portogallo che nasce da due viaggi in quella terra, prima Porto e il nord, poi da Lisbona a Porto (e ritorno).
    Terra stupenda e Lisbona, beh.. è proprio tutto quello che tu scrivi!!! Se non ci siete mai capitati ti consiglio Porto (a mio avviso molto più bella di Lisbona) e vista la passione per la Ginginha (che condivido) anche OBIDOS, luogo di “nascita” di questo splendido liquore! 🙂

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