Il mio Vietnam: la sorgente delle fate, la mia prima risaia e il paradiso a Phan Thiet

Mui Ne è conosciuta dai vietnamiti per la sua salsa di pesce – che macera in pentoloni di legno nei cortili di ogni casa -, mentre i turisti la visitano per le spiagge, le scuole di kite e le sue dune.

Cimitero a Mui Ne

Torre Cham a Mui NeFacciamo un giro nei dintorni: prima le torri Cham sulla collina, da cui si vede un pittoresco cimitero che sembra un quadretto di scatoline di fiammiferi color pastello.
In Vietnam le persone atee vengono sepellite senza rito in mezzo ai campi o alle risaie. E ancora una volta rifletto sulla diversità di questo popolo dal mio, dalla diversità della loro cultura dalla mia, della loro religione (o non-religione) dalla mia.

A Mui Ne ci sono le dune rosse e quelle bianche e noi dovendo scegliere, optiamo per quelle rosse. Ci sono alberi che punteggiano questo piccolo pezzo di deserto, e all’ombra di questi alcune famiglie tengono un pic-nic.
Le signore anziane portano i loro pentoloni legandoli agli estremi di spessi bastoni di legno, li caricano sulle spalle ossute e arrancano nella sabbia rossa, così fine che ad ogni passo si sprofonda un po’.
I bambini scivolano con le loro specie di slittini, chiedendo insistentemente ad ogni turista se do you want slide?

Red dunes in Mui Ne

villaggio pescatori Mui NePoco distante dalle dune rosse c’è un piccolo villaggio di pescatori, un paesaggio da cartolina: il mare calmo e tante barchette in legno dai colori vivaci. Padre e figlio rientrano dalla pesca del mattino, giusto per ricordare a noi che siam qui a scattare foto, che si stanno guadagnando da mangiare.

Sorgente delle Fate Mui Ne
Infine l’ultimo angolo di Mui Ne, che sulla Lonely Panet non mi aveva ispirato granchè, ma dato che ci siamo…
Si tratta della Sorgente delle fate, dal nome e dalla descrizione non ci dice granchè, siamo qui e decidiamo di fare una passeggiata.
sorgente delle fate Mui NeE così il cammino verso questa sorgente sarà il momento più bello e magico vissuto finora.
Si tratta di ripercorrere un fiumiciattolo verso la sua sorgente, con i piedi a mollo nella sabbia rossa mista fango. Il percorso è pieno di bambini che giocano, si schizzano l’acqua, saltano e strillano. Tutti ci salutano, tutti quanti. Non fanno che ripetere “Hello, hello” e qualcuno abbozza anche un “Where are you from?”. Mentre faccio qualche scatto qua e là, si mettono davanti all’obiettivo e fanno di tutto per essere fotografati, sembra che per loro sia un onore. Allora ogni volta che scatto faccio loro vedere l’immagine sul display: sono letteralmente gasati.
In alcuni punti l’acqua si alza e dobbiamo salire sui sassi se non vogliamo bagnarci i vestiti. Quando Marco – che mi fa strada – torna in acqua, sprofonda fino al ginocchio in meno di un secondo e mentre gli parlo me lo vedo sparire da davanti al viso, mezzo metro più sotto. Sabbie mobili.
Giriamo alla larga da quel punto maledetto e riprendiamo il nostro cammino.
Sulla sinistra si alzano rocce rosse scavate dall’acqua, sulla destra una verdissima vegetazione lussureggiante e sabbia bianca finissima.
I segni dell’acqua e del tempo sono perfettamente tangibili, nella sabbia e nella roccia, le strade che si è creata nei secoli sono come profonde incisioni pennellate di arancione.
Il percorso è lungo e il sole scotta ma finalmente arriviamo al fine: una cascatella alta quattro o cinque metri dove alcuni bambini si sono arrampicati e stanno giocando schizzandosi l’acqua.

Ci arrampichiamo sul versante sinistro, quello più ripido ma spoglio e di colore rossastro, per salire sopra la cascata e ritrovarci in un prato dove tantissime famiglie e gruppi di ragazzini stanno facendo dei pic-nic. Torniamo indietro ma questa volta passando da sopra, sulla terra, per andare un po’ più veloci.
Stiamo pensando a quale inaspettata meraviglia ci ha regalato questo posto, quando sulla nostra sinistra compare una risaia. La mia prima risaia.

Risaia vicino alla Sorgente delle fate a Mui Ne

Ora, sarà che avevo gli occhi pieni del rosso della sabbia, sarà che era la prima volta che vedevo una coltivazione di riso, sono rimasta praticamente incantata.
Un verde così bello che mai avevo visto prima. Come le mie colline dopo una pioggia in primavera. Questi ciuffetti sgargianti uscivano da una liscia superficie d’acqua che rifletteva magicamente il sole cocente di mezzogiorno. Un bastone piantato a terra penzola sul campo come una canna da pesca, appeso qualche straccio. Il più bel spaventapasseri-canna-da-pesca che io abbia mai visto.

A questo punto, soddisfatti e praticamente incantati, ritorniamo al nostro resort per consegnare le chiavi, ritirare i passaporti e decidere che fare.
Il fatto è che quella del 4 Febbraio è stata l’unica notte per cui, fino a qualche giorno fa, non avevamo prenotato nulla. Così una sera, in hotel ad Ho Chi Minh, abbiamo cercato qualcosa su internet e abbiamo prenotato una stanza a Phan Thiet, il paesino vicino a Mui Ne.
Ieri sera – volendo organizzare gli spostamenti – abbiamo cercato le distanze tra il resort di Mui Ne e quello di Phan Thiet, cascando all’indietro davanti i 60 km di Google Maps.
Ora, dovete sapere che se 60 km sono la distanza che in Italia percorrete in mezz’ora di autostrada, in Vietnam il tempo richiesto va da un’ora a un’ora e mezzo. La vita di un guidatore è molto dura qui, ci sono da schivare i motorini – con un’abilità da campione del mondo di slalom -, c’è da suonare il clacson, ininterrottamente e non con semplici colpetti innocui, ma c’è proprio da attaccarcisi su, da metterci l’anima. E poi ci sono le buche, come trappole, che ci si potrebbe quasi inventare un gioco di squadra o mettere su un business: buche col taxi al posto delle montagne russe, se i passeggeri non si sentono male l’autista vince degli ammortizzatori nuovi.

Comunque, tornando a noi, abbiamo prenotato questa stanza all’Hana Beach Resort di Phan Thiet, ma solo ieri ci rendiamo conto che è molto distante e soprattutto fuori mano rispetto al nostro itinerario.
Che fare? Un’idea è quella di viaggiare di notte sull’autobus per Nha Trang e saltare il soggiorno già pagato con Visa all’Hana Beach.
Grande dilemma.
Rientrati dal giro locale della mattina siamo molto stanchi e abbiamo già fatto il check-out della stanza, si tratterebbe di dover stare a zonzo tutto il pomeriggio, con gli zaini appresso e un caldo micidiale, per poi prendere l’autobus all’una di notte e arrivare saltellando a Nha Trang alle 6 del mattino.
Per una volta nella vita, di comune accordo, facciamo la scelta più saggia: andiamo ad usare quella benedetta camera – che tra l’altro abbiamo già pagato – e per stanotte dormiamo in un letto decente!

Hana Beach Resort, Phan Thiet Hana Beach Resort, Phan Thiet

Hana Beach Resort, Phan Thiet Hana Beach Resort, Phan Thiet
Alla fine per raggiungere il resort ci vuole poco più di mezz’ora – Google non ha potere nè saggezza in Vietnam – e quando arriviamo capiamo di aver fatto la scelta più giusta, azzeccata e straordinaria di questa vacanza.
Il complesso è disperso sulla strada litoranea, intorno nulla, a parte qualche venditore sulla strada. Siamo capitati in un’oasi di verde dotata di ogni comfort e affacciata sul mare, con una spiaggia bianca e fine. Le palme di cocco fanno ombra insieme a piante di banane, meravigliose buganville variopinte, gelsomini e altri splendidi fiori tropicali.
Alla reception abbiamo qualche problema, non riescono a rintracciare la nostra prenotazione. Abbiamo prenotato su Expedia, Hotels.com o Vietnam-Hotels? Io dico Hotels.com, Marco dice che quando io prenotavo lui dormiva, dunque, incrociamo le dita perchè se non ci tengono qui, non so in che altro posto potremmo andare – soprattutto dopo che il taxi se ne è andato per la sua strada.

Ora vorrei aprire una piccola parentesi sul mio compagno di viaggio: il fatto che io lo nomini solo per canzonarlo non significa che si sta comportando come un imbranato. Oggi ha anche rischiato di essere inghiottito dalle sabbie mobili per me, dunque è un eroe. E a parte il timore di un sanguinamento al naso a causa del traffico di Ho Chi Minh – che invece è arrivato stamattina dopo la colazione – siamo in piena sintonia e perfetta intesa, come sempre d’altronde.

Dopo un quarto d’ora di telefonate in vietnamita – quindi non so a chi, non so dove nè per cosa – le cose si sistemano e per scusarsi dell’attesa ci assegnano – al posto di un camera deluxe – un bellissimo bungalow sea view, very good.
Very good è dire poco ragazzi, una cosa così non si era mai vista. Una camera enorme con veranda, da cui vedere, ascoltare, annusare ed amare l’oceano.
Purtroppo qui intorno c’è poco da fare, anzi nulla. Quindi significa che fino alla nostra partenza – domani – non potremo fare altro che prendere il sole, mangiare, dormire e sorseggiare cocktail a bordo piscina. Ah dimenticavo, e addormentarci ascoltando il suono del mare.
Un lavoraccio. Altrochè quello del tassista.




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1 Comment

  1. che meraviglia sarina…ho letto tutto, e sono felicissima per voi (sabbie mobili, geki e sanguinamenti nasali a parte, s’intende) 🙂

    un abbraccio grande a te e a fo,

    elli

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