Se non vivo non scrivo – alla ricerca del flow perduto

Se non vivo non scrivo.
E’ bella pure l’assonanza, di questa frase, questo motto che descrive alla perfezione lo stato della mia vita “produttiva”.
Ricordo il flow come un’esperienza unica, magica. Quando durante la mia adolescenza mi chiudevo in camera al buio, alla sola luce di una piccola abat jour, magari il temporale fuori e la mano che scorreva veloce su un piccolo quaderno di carta senza che io compiessi il minimo sforzo.

Flow, flusso, essere “canale di un qualcosa che esce, viaggiare ad alte velocità con il motore al minimo. Essere allo stesso tempo una cosa sola, tu, la penna e la pagina, il tempo e la parola.
Come un atleta che è allo stesso tempo le sue scarpe e la terra che calpesta, il suo ostacolo e il tempo che anticipa, la sua vittoria o la sua sconfitta.
Qualcosa che scaturisce dal tuo profondo, dove stanno, fianco a fianco, il tuo talento e il tuo tormento. Come diceva Alessandro.

Se non vivo non scrivo.
Esperienza. Ricordo una lezione di linguistica di tanti anni fa. L’aula fredda, le pareti scrostate e le sedie scomode. La voce del professore che si faceva concetto e il significato che mi attraversava sciogliendo le sinapsi. Pensieri, accostamenti, citazioni, il mondo che si schiudeva dinnanzi alla mia mente. E tutto prendeva senso e forma.

Esperienza.
Es- (dal latino ex-), “fuori”. Per, attraverso. Entrare ed uscire, attraversare, arricchiti di conoscenza.
In poche parole…vita.

Sara Paolucci




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