Alice
Il letto nuovo, a castello, era davvero bellissimo.
Ogni volta che si arrampicava sulla scaletta per raggiungere il piano di sopra le sembrava una sorta di avventura.
Certo quei pioli troppo sottili le facevano un po’ male sotto i piedi ma il dolore, decisamente sopportabile, contribuiva a rendere quella scalata qualcosa di vagamente temerario.
D’altronde ogni novità, per Alice, si trasformava in un evento straordinario, pronto per essere condito e raccontato alle amichette, che durante la ricreazione le si chiudevano attorno per ascoltare le sue storie.
Era una bambina allegra, Alice, ma a volte anche triste, o meglio malinconica.
Si faceva tante domande, forse troppe.
Cosa avrebbe fatto da grande? La pittrice, la scienziata oppure la maestra?
Come sarebbe stata la sua casa? I suoi genitori sarebbero morti presto o tardi? Oppure sarebbe morta prima lei?
Certo si rendeva conto che quelle non erano domande adatte ai suoi dieci anni, ma cosa poteva farci? Le uscivano così, senza che le andasse a cercare.
Venivano su dalla pancia e si fermavano lì, incastrati alla bocca dello stomaco. Non andavano né su né giù, e formavano una diga che poi le riempiva gli occhi.
Chissà perché poi? Visto che tutte le sue amiche questa diga mica ce l’avevano!
Ad Alice piaceva volare. Lo faceva di frequente e in diverse modalità.
Spesso e volentieri le capitava in sogno. Si librava per le scale di casa di sua come un piccolo fantasmino, in pigiama, così come se n’era andata a dormire.
Altre volte il babbo tornava a casa presto dal lavoro, che era ancora giorno e fuori c’era il sole. Metteva nel vecchio giradischi una canzone speciale, la prendeva sui suoi piedi e le faceva chiudere gli occhi.
Lui diceva che così si volava.
Alice non l’aveva mai capito dov’è che si andava, ma le piaceva il volume alto che faceva vibrare i vetri e un po’ anche il suo stomaco.
E poi si volava anche ad occhi aperti, nelle giornate di sole caldo quando il campo era maturo. Tre gradini per immergersi tra le spighe e poi via, correndo a perdifiato in mezzo al grano. Sembrava che quel campo non finisse mai. Davvero, era proprio così che sembrava!
E poi sembrava che il cielo non fosse mai stato così vicino.
Quello era in assoluto il più bel volo che potesse fare, e c’era solo una cosa che riusciva riportarla coi piedi per terra.
La domanda che, chissà quale taglio di capelli avrebbe avuto da grande.