Da Palermo a Sciacca verso il nostro matrimonio siciliano
Ci svegliamo presto per un giro al mercato del Capo.
Tra i banchi di carne, pesce e spezie, infinite, profumate, colorate spezie.
I nostri colori, la nostra lingua, i nostri movimenti, ci rendono estranei all’interno di un sistema perfetto, caotico sì, come pochi altri angoli al mondo, ma che ha qualcosa di perfetto nella sua meccanica.
Un insieme di ingranaggi che è lì da sempre e non si è mai fermato.
Mi sento schizzare dell’acqua su una gamba, e per la prima volta vedo un banco che vende vongole veraci vive, fresche e vive.
Io, abituata a comprarle nella retina da mezzo chilo all’Ipercoop. Come i ragazzini americani che non hanno mai visto un pollo se non in versione nuggets al Mac Donald’s.
Partiamo alla volta di Sciacca e Calamonaci per il nostro matrimonio siciliano.
Attraversando la Sicilia da nord a sud, risalendo un poco di costa fino ad Alcamo per poi reimmergerci nella sua campagna più rovente, scopriremo i mille volti di una terra che non è soltanto la decadenza della periferia di Palermo o gli scheletri di case abbandonate a metà costruzione, ma tanto, tantissimo altro.
Ci sorprenderà un verde inatteso, nell’interno lontano dal mare, di agrumeti e ulivi secolari, circondati da splendide colline d’oro che sembrano cibarsi solo di sole, un sole cocente che le bacia e le divora a sua volta.
Un interno tutt’altro che arido, che ha un qualcosa di familiare nei colori caldi dei raccolti, nella regolarità dei tronchi nei frutteti e nella precisa disposizione delle viti. In questa terra che rifugge l’ordine e ogni sorta di regola stabilita.
Ci avevano detto che in Sicilia esiste il coprifuoco, da mezzogiorno circa fino al tardo pomeriggio.
Non per un particolare tipo di “reggenza” o sorveglianza speciale, quanto più per conservare le proprie funzioni vitali nelle ore più calde della giornata.
E ora capiamo perché.
Una volta arrivati quindi, dopo un generoso pranzo di pesce, seguiremo questa sacra direttiva per non cadere vittime dell’afa.
Calamonaci è un piccolo paese arrampicato sulle colline, nell’interno della provincia di Agrigento.
La strada per raggiungerlo è piena di quelle case non finite, che rendono l’atmosfera un po’ spettrale anche in pieno giorno.
Ma il paese ci accoglie vestito a festa, con le luci a migliaia sui supporti di legno bianchi.
Sembra di essere a Las Vegas dice un amico che per l’omonimo patrono tavoletano non ha mia visto neppure un decimo di queste luminare.
Per la festa di San Vincenzo, a Calamonaci, ci sono due fazioni distinte che passano le loro giornate a lanciarsi sfide come prima di un derby decisivo al campionato.
San Michilara, i devoti di San Michele Arcangelo, e San Giuvannara, i devoti di San Giovanni Battista, si sfidano a singolar tenzone con sfilate, cori e mortaletti, che a qualsiasi ora del giorno ti fanno fare dei salti così.
I fuochi d’artificio – che non sono semplici fuochi artificiali ma vere e proprie schioppetate – iniziano molto presto, tipo alle sei o alle sette di mattina, mentre poi per tutta la giornata, la banda, ad ogni ora, attraversa il paese suonando sempre lo stesso inno.
E poi ci sono i ragazzini che trasportano sulle spalle le “vare” e i loro santi, e li lanciano per aria urlandosi addosso cori del tipo Chi non salta San Michele è.
Capita anche di vedere un santo mozzato di qualche arto, reduce da un lancio poco accorto o dall’inesperienza dei ragazzi. Ragazzi che si allenano per diventare, da grandi, lanciatori esperti del proprio santo personale.
In quest’atmosfera di festa e folklore, tra grida, musica e qualche schioppettata improvvisa a rischio infarto, raggiungiamo lo sposo, vestito anche lui a festa – come il paese – e pronto per il grande momento.
Ora non starò a parlare di quello che si prova quando si vede uno dei propri migliori amici vestito così, pronto per andare sull’altare, perché è davvero difficile da dire. Quindi sorvoliamo.
Una bella cerimonia, semplice. E contrariamente a quello che ci si possa aspettare da un matrimonio siciliano, poche persone, per una atmosfera ancora più intima.
E poi la festa, con una improvvisata della banda che suona per gli sposi, ridere, fare foto, sventolarsi per il caldo e rinfrescarsi a spritz mentre torna la sfilata e si fa il tifo per i santi.
E’ bello esserci. E ritrovare in questi gesti quella genuinità che solo un piccolo paese sa offrire. Che sia in Sicilia, o in qualsiasi altra parte del mondo.