Genova, sempre più a fondo di questa città

Nonostante il primo giorno a Genova sia stato lunghissimo, iniziato alle 5 di mattino e finito sera tardi, pieno di passi, di saliscendi, di cibo e di vino, la seconda giornata inizia presto e con una corsa a cui non posso rinunciare.

Mi sveglio alle 6 mentre fuori albeggia, le luci ancora accese di lampioni e palazzi scaldano un’aria fresca e frizzante che sale dal mare.
Mentre mi preparo per scendere il traffico si sveglia e i genovesi iniziano un giorno nuovo. I ragazzi con gli zaini e la stanchezza del mattino, uomini in giacca che corrono verso la stazione, già di fretta.

Stazione Principe Genova

focaccia genoveseRaggiungiamo il quartiere Marassi, dove lo stadio Ferraris si lascia intravedere lato monte.
Qui scopriremo i segreti della focaccia genovese e, ancora una volta, l’amore forte di queste persone per la loro cucina.
La ricetta per la focaccia non è solo un elenco di ingredienti, la ricetta per la focaccia genovese è un insieme di materie prime d’eccellenza maneggiate con la cura di chi ama lavorare con le mani, di chi pratica una ricetta come un rito, di chi gode ogni volta della fragranza che ti salta addosso quando apri il forno.

La materia principale della focaccia genovese è il ‘tempo’. Come in tutte le cose eccellenti e autentiche, la focaccia è fatta di ingredienti, amore e tempo.
Si impasta la farina con un poco di acqua, lievito e sale.
La si lascia riposare a lungo, perché ogni cosa ha bisogno di un lungo sonno per essere al suo meglio.
E poi la si inizia a maneggiare.
L’impasto è soffice, vaporoso, tanto leggero che si attacca alle dita.
Due “orecchie” tirate all’esterno e quattro piegature, quattro impastate, girando poi sotto la parte meno bella, che anche l’occhio vuole la sua parte.
Dopo aver fatto riposare ancora l’impasto, lo si stende sulla lama, ovvero nella teglia.
Non si usa il mattarello, solo le mani e solo in un certo modo.
L’impasto si schiaccia, non si tira, e non deve essere assolutamente strappato.
C’è un’adulazione sfrontata, una sorta di rispetto sacrale che acquista paradossalmente il suo massimo valore nella veracità e materialità del tutto.
Il lavoro con le mani, il sentire tra le dita la consistenza, entrare a contatto con gli elementi e trasmettere qualche tua cellula, un po’ dei tuoi umori, i tuoi movimenti e le tue giornate.
Questa è la meraviglia più grande del cucinare, la meraviglia del fare. E se quello che fai sarà da mangiare, e ti nutrirà e delizierà il tuo palato, allora non c’è nulla di più naturale e al contempo più  sacro di questo.

Proseguiamo la nostra scoperta di Genova dirigendoci verso il porto antico, Porto Antico, appunto.
L’aria è fresca ma il sole ne ravviva i colori, mentre la vita scorre nella sua quotidianità: i cappellini arancioni delle scolaresche, il galeone di Roman Polanski, le borse della spesa, il traffico sulla sopraelevata.
Per un istante – e per un istante soltanto – ho la sensazione di guardare Genova dal di fuori, osservare il tempo che la attraversa senza prendere parte alla sua vita. La osservo bella e splendente, con le sue rughe di donna vissuta e troppo a lungo rinchiusa.

Porto Antico Genova

Ristorante Rosmarino Genova

Scopriamo i suoi segreti tra le pareti dei palazzi e i muri sudici dei suoi carruggi. L’odore forte degli angoli di strade e quello fresco delle chiese.
Non ha crisi interiori Genova, non soffre delle sue infinite personalità. Tutto converge in un’unica anima, sfumature e declinazioni unite in un corpo che è solo uguale a sé stesso.
Uno sguardo da Spianata Castelletto, per cogliere questa essenza con un colpo d’occhio dall’alto. E lei è lì, umile e dignitosa nella sua riservatezza, chiusa tra i muri stretti e i tetti dei palazzi.

castelletto Genova

Un’altra cena di quelle magiche, con persone dall’animo nobile. Persone che conosci da due giorni ma a cui apri il cuore senza remore. A parlare del viaggiare, delle cicatrici ancora aperte e delle grandi gioie della vita.

Nouvelle Vague Genova

E quando il treno riparte non puoi che avere una musica nelle orecchie, quella di chi con la poesia ha raccontato questa città.
Una lacrima d’affetto che è come una promessa, che sarete legate per la vita intera. Questa e altre mille ancora.




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5 Comments

  1. Bellissimo post! Mi viene voglia di tornarci subito in questa splendida città…

  2. Bellissimi post…li ho letti entrambi tutti d’un fiato…io da Genovese non sarei mai riuscito a descriverla così bene…e ora che per lavoro la vivo meno leggere queste tue righe mi inorgoglisce tantissimo…pensi cavolo allora è vero che è bella…non siamo solo noi genovesi a pensarlo!:)grazie!

    • Confermo che non siete solo voi a pensarlo Stefano.
      Forse non tutti la apprezzano, o non la vedono con questi occhi.
      E’ una città che va scoperta per essere amata…come le donne più interessanti.
      Non credi? 😉
      …e io comunque non vedo l’ora di tornarci presto!

      • Si sono assolutamente d’accordo…il fascino e la scoperta sono collegati in modo molto stretto…che il soggetto sia una donna o una città poco importa ;)…io stesso mi ritrovo ogni tanto a scoprire angoli genovesi che non conoscevo, un pò per la pigriza che porta ad andare sempre nei soliti posti…un pò per la diffidenza che contraddistingue i genovesi e quel mugugno sempre presente quando si è in città che scompare appena si è fuori per più di due giorni.
        Col tuo permesso volevo usare una tua frase per una foto da pubblicare su flickr (ovviamente col link al tuo articolo!:))
        grazie e buon wend
        stefano

        • Ma certo che hai il mio permesso! Mi farebbe molto piacere se anche altre persone leggessero quello che penso di questa città

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