Venezia: momenti di vita mondana, tra finger food e bollicine di champagne
Arrivare a Venezia col treno è come immergersi lentamente in un mondo fantastico.
Come ne Le cronache di Narnia trovare dietro ad un ponte un incantevole scenario sospeso nel tempo, a mezz’aria tra sogno e realtà.
Arrivo rilassata dopo un piacevole viaggio in Freccia Argento da Bologna. Un viaggio fresco e tranquillo, a parte la signora dietro di me che urla contro il servizio “dei treni”, posseduta dai suoi novant’anni e la demenza senile che le attanaglia l’intelletto.
A Venezia si dovrebbe girare senza cartina, seguendo ora il flusso della folla ora l’istinto, che ti spingei in una calletta stretta e buia, o che ti tiene in un campo soleggiato, colorato dagli alberi ancora fioriti.
L’hotel è a due passi dalla stazione del treno, per fortuna, perché il caldo di questa splendida giornata rende ancora pià faticosa la gradinata di Ponte degli Scalzi.
Alla reception mi accolgono con garbo e gentilezza, senza le riverenze e le lusinghe inutili di certi hotel di lusso.
Mi comunicano che la signora Rossi è già arrivata in stanza.
Non ero certa che avrei condiviso la stanza con qualcuno, ma poco male, ci starò talmente poco.
Arrivo in camera e la trovo vuota. La signora Rossi non c’è ma ci sono le sue cose: una giacca appoggiata alla sedia, di quelle che ti fanno pensare proprio ad una giornalista: a scacchettini piccoli piccoli, molto vintage, che ti immagini indossata con occhiali grossi dalla montatura spessa.
Più in là un bellissimo abito rosso sgargiante, un po’ largo, appeso su.
Una valigia ordinata sul divano ed il letto sgualcito, come quando fai un sonnellino senza infilarti sotto le coperte.
Sono curiosa di vedere chi sarà la mia compagna di stanza, di che cosa si occupa, che voce ha, se mi sarà simpatica oppure no.
Appendo anche io il mio abito per la serata in modo che non si sgualcisca ulteriormente. Il mio più classico, nero. Non me la sono sentita di azzardare nulla.
Di fianco alla televisione c’è un volume di Corto Maltese, Favola a Venezia con un biglietto che riporta le seguenti parole: All’imbrunire di un magico equinozio settembrino, questa notte prende vita una serata fiabesca.
Benvenuta nella favola di Venezia!
Queste parole, il canale che brilla fuori dalla finestra, tutto sembra in effetti una favola.
Riempio la vasca di acqua bollente e di schiuma, e mi immergo in un bagno caldo, distensivo e rilassante.
Verso le sei e mezza arriva Giulia: una ragazza bionda con degli occhiali che le donano un’aria semplice e intelligente. Ma senza montatura spessa.
Una bella stretta di mano, un sorriso solare. Grazie al cielo nessuna giornalista milanese snob che parla solo di borse e sfilate.
Alle 19 scendo per la nostra serata: c’è tanta gente che chiacchiera e passeggia per la sala, l’arpa accompagna il vociare degli ospiti e il tintinnìo dei calici.
Inizio il mio percorso olfattivo partendo dal the. Ci sono teiere meravigliose che sanno di oriente e miscele di foglie e fiori variopinte dall’aroma delizioso.
L’odore di zenzero riempie la stanza, così piccante e fresco come lo amo nelle mie ricette.
Dal the si passa ad assenzio e genepì, per poi passare a deliziosi baci di dama al cioccolato bianco e nero, arricchiti di nocciole.
La degustazione successiva riguarda la mia spezia preferita: lo zenzero, in tutto il suo percorso che va dalla polvere all’olio essenziale, fino ad arrivare a biscottini salati, confetture e dolcetti.
Photo by Nunzia – Entrophia
Nella sala dedicata alla cena, con signore in abito che sorseggiano il loro calice di champagne e gentiluomini che le intrattengono, sui tavoli sono disposti maki colorati, rosa, verdi, neri di riso venere e tante altre delizie di verdure fresche e pesce crudo.
Arriva pure un risottino con uova di pesce, che puntualmente viene prelevato dal vassoio dei camerieri prima ancora che raggiunga il tavolo.
A quanto pare siamo tutti affamati e, per un breve intervallo di voracità, si possono pure abbandonare le buone maniere.
Photo by Nunzia – Entrophia
La serata prosegue così, con personaggi che cercano spudoratamente l’avventura della serata – e sbucano da dietro un angolo con la ragazza seria della situazione, ne sbaciucchiano un’altra per una mezz’oretta e poi vengono da me dicendomi “posso mandarti in vacanza gratis dove vuoi, in tutta Italia” e quando gli dico che mi piacerebbe molto tornare a Venezia con Marco, il mio fidanzato, mi dice che no, lui ha solo stanze singole.
Prosegue con altre che si vantano di essere il top del top perché faccio questo, gestisco quello e curo quest’altro – manco fossi un dottore – e ovviamente sono la più figa di tutti.
Me ne vado al banco del bar con il bicchiere vuoto, e chiedo un altro bicchiere di prosecco.
Il cameriere risponde “forse signorina sarebbe meglio un calice di champagne?”.
Mi coglie impreparata, chi mi conosce lo sa, non sono un granchè chic, ma soprattutto sono la reginetta delle gaffe e del fuori luogo, così, non sapendo cosa dire, rispondo “mah, guardi, a me va bene anche un prosecco”.
Il cameriere si trova in imbarazzo, quasi scocciato a dire il vero, ha già la bottiglia di Veuve Clicquot in mano e la mia affermazione è suonata quasi come una presa di posizione.
Anche io mi sento in imbarazzo e mi chiedo come si possa essere così stupida a volte, mentre me ne torno a chiacchierare con il mio bicchiere di chamapagne.
Non per niente il mio soprannome è Pierina e ricordiamoci che vengo da Tavoleto. Devo dire che ne vado pure molto fiera, ma a volte un po’ più di “posa” non mi farebbe male.
E poi ci sono persone tranquille, che preferiscono godersi il piacere della conversazione senza dover raccontare per forza quanto sono importanti.
Ovviamente queste sono anche le più in gamba, quelle che non hanno bisogno di mettersi in mostra, con cui si può chiacchierare piacevolmente anche solo del più e del meno.
Piano piano le conoscenze passano a salutare e dare la buonanotte, il tempo passa e si rimane sempre meno, fino a che ci ritroviamo sedute al tavolino io, Nunzia ed Elisabeth, due blgger conosciute questa sera, Fiorella, una delle organizzatrici della serata, e Matteo, un veneziano di quelli troppo divertenti, con quell’accento che ti fa morir dal ridere anche se dice solo buongiorno e buonasera.
Nel frattempo il signore coi baffi si siede al tavolo con una coppia di americani.
Dopo neanche dieci minuti sembrano già ubriachi, non so se per lo champagne – anche loro – o per le dieci tonnellate di cazzate che il signor Baffo gli sta scaricando addosso dal rimorchio di un tir.
Ad ogni modo sembrano pure divertiti, soprattutto lei, che farfuglia in inglese ed ha una sgrigna abbastanza accentuata, esagerata anche per un intrattenitore così divertente.
Quando gli americani si alzano e se ne vanno a dormire traballanti, il signor Baffo non può che ripiegare sulle uniche persone rimaste in sala. Noi.
La “fortunata” questa volta sono io. Mi chiede da dove vengo e mi dice che lui, a Riccione, ci è venuto per tanti anni a fare le gare.
In realtà, da quello che ho capito, ha sempre fatto l’accompagnatore, a Bellaria per l’esattezza, ma va bene così.
Mi ricorda anche che lui, a Bologna, c’ha preso due lauree, una in via Zamboni e l’altra a San Vitale.
A un certo punto scorgo al banco due ragazze, straniere, sorridenti. Un’esca perfetta.
Gli dico, al signor Baffo, “Guarda un po’ là, mi sa che sono americane anche loro…certo che tu lo parli bene l’inglese eh”.
Non gli sembra vero. Non mi guarda neppure e si fionda sulle due, una bionda e una bruna, australiane scopriremo poi.
La serata prosegue, l’orologio non si ferma, le bottiglie finiscono e si fa sentire un leggero languorino. Al maitre, che nel frattempo si è unito a noi, chiediamo qualcosa da mangiare, qualsiasi cosa.
E’ troppo tardi e troppo freddo per il mio tubino e le spalle scoperte, arrivare al quebab che Matteo dice essere qui a due passi.
Così Massimiliano esce da dietro le quinte della cucina con due piatti, uno pieno di salmone e uno pieno di prosciutto.
Ci mangiamo tutto con le mani accompagnato di tarallucci.
L’informalità giusta dopo che è calato il sipario della serata.
tra chiacchiere piacevoli, nuove conoscenze, civetterie varie e bicchieri di champagne.
Quando la sala inizia ad essere sgombrata le pose sono già più sciolte, i sorrisi più effervescenti e i bicchieri di tutti gli ospiti viaggiano a ritmi più alti.
Un signore coi baffi gira per la sala attaccando bottone a tutte le ragazze che incontra. Ha una parlantina da competizione e una verve che nemmeno gli ormoni di un ventenne.
Salta da una conversazione all’altra, cercando di parlare con tutte, le vorrebbe tutte.
Alterna perle di saggezza e racconti sulla città, a spudorate avances, continuando a dire che lui, a Bologna, c’ha preso due lauree – mica una -, la prima in via Zamboni e l’altra a San Vitale.
Tra me e me, mi domando quali siano le facoltà, sorprendendomi a dargli pure credito.
E così tra un calice e l’altro, ridendo e scherzando, si fanno le quattro e mezza di notte.
Un gruppo di giapponesi che scende con le valige, per essere accompagnato in aeroporto.
Ci salutiamo e ce ne andiamo a dormire.
Salgo nella stanza 326, mi cambio ed entro nel letto più comodo che io abbia mai provato. Materasso duro, il giusto, coperte morbide e cuscini soffici come nuvole bianche.
Venezia che dorme, fuori, e le mani che sanno di salmone.
Me ne vado al banco del bar con il bicchiere vuoto, e chiedo un altro bicchiere di prosecco.
Il cameriere risponde “forse signorina sarebbe meglio un calice di champagne?”.
Mi coglie impreparata, chi mi conosce lo sa, non sono un granchè chic, ma soprattutto sono la reginetta delle gaffe e del fuori luogo, così, non sapendo cosa dire, rispondo “mah, guardi, a me va bene anche un prosecco”.
Il cameriere si trova in imbarazzo, quasi scocciato a dire il vero, ha già la bottiglia di Veuve Clicquot in mano e la mia affermazione è suonata quasi come una presa di posizione.
Anche io mi sento in imbarazzo e mi chiedo come si possa essere così stupida a volte, mentre me ne torno a chiacchierare con il mio bicchiere di chamapagne.
Non per niente il mio soprannome è Pierina e ricordiamoci che vengo da Tavoleto. Devo dire che ne vado pure molto fiera, ma a volte un po’ più di “posa” non mi farebbe male.
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- Le catene di Sant’Antonio sbarcano nella Blogosfera | Travelgum il Blog di viaggio Sara Paolucci. E ancora, ricette, letture e sciapità - […] compreso: viaggio insolito a Venezia. Le persone che mi avevano invitata mi hanno chiesto di tagliare alcune sue parti…
Mi hai fatto morir dal ridere, Sara!! Leggevo il tuo racconto e mi ritornavano in mente le scenette varie della serata, e soprattutto il mitico signor Baffo! Hai omesso che lui ha fatto anche il fotografo e che ha fotografato i Beatles, mica pozza e fichi! E poi che ha fatto il professore di educazione fisica e che sa fare anche la marmellata allo zenzero!! Che personaggio! 😀
Ti abbraccio, e spero di poterti rivedere presto! Sei stata davvero una piacevole conoscenza.
ps: grazie per la citazione.
Nunzia
pps. Ovviamente POZZA sta per PIZZA!! (Stavo pensando ancora alla puzza di salmone e mi sono distratta un attimino! :P).
Grazie a te per le foto Nunzia, sei una buona fotografa oltre che un’ottima compagnia.
Ti citerò anche altrove (poi ti passerò il link).
A prestissimo!