Scala dei turchi, la Valle dei templi e gli amici di un tempo
Colazione a cannoli e genovesi, anche questo è la Sicilia.
In una piccola pasticceria del centro di Sciacca capace di regalare emozioni forti.
Una genovese è uno scrigno di libidine, piccolo panzerotto unto farcito di crema di ricotta.
Una cosa che se non ti siedi prima di addentarla rischi di cadere faccia all’avanti, con la conseguente perdita di non riuscire poi a finirla.
E sai che rimessa!
Scoperto anche questo piccolo grande tesoro della cucina siciliana – che me lo avevano detto essere il top, ma io proprio non ci pensavo a questi livelli qua – facciamo le valige e lasciamo il B&B Cinqueporte – altro piccolo gioiello di Sciacca – per partire in direzione Scala dei Turchi.
Scala dei Turchi è uno sperone di roccia candida che si tuffa in un Mediterraneo che noi non conosciamo, di un azzurro e di una limpidezza difficili a credere italiani, per noi della costa adriatica.
Si dice che i mori – scambiati per turchi dai siciliani del ‘500 – siano arrivati dal mare, attraverso questa falesia, per conquistare Realmonte.
Mi immagino da lontano questi piccoli e scuri puntini urlanti, arrampicarsi come formiche sulla pietra bianca.
Il sole che riflette sulle sciabole brandite rendendo la scena ancora più accecante.
E’ in questa spiaggia speciale, che si ritaglia una piccola mezzaluna di spazio tra il mare e la scogliera altissima, che si ritrova la piccola comunità tavoletana per la rituale domenica pomeriggio di mare.
E’ un po’ un ritorno alle origini qui, all’amore per il mare, senza i servizi dell’efficiente Riviera che offre lettini, ombrelloni e bar con cucina di ogni tipo a tutte le ore.
A Scala dei Turchi si parcheggia lontano – e si rischia di prendere multe se lo si fa sul lato destro della strada -, si stende l’asciugamano e si rischia di rimanere senza mangiare, perché l’unico baracchino che c’è in spiaggia non ha certo voglia di impazzire, e con tutta la calma del mondo si concede anche il lusso di finire tutti i panini alle 11:30 di mattino.
Dopo esserci spinti al di là della scala, per osservare la sua bellezza da un’altra angolazione, per giocare ai turisti e per cospargerci di argilla sgretolata dalla roccia, raccogliamo le nostre cose e scarpiniamo fino alla macchina e alla volta di Agrigento.
La Valle dei templi è un piccola isola di storia e bellezza in mezzo ad una Agrigento abbandonata alla speculazione edilizia.
Un’altra acropoli che si staglia a monte, Agrigento, un muro bidimensionale di cubi gialli e spettrali, che incutono timore fin da lontano, raggiungendoli dalle grandi strade sopraelevate.
La Valle dei Templi regala un’atmosfera unica, grazie ad una sapiente illuminazione (fin dove c’è) e alla meraviglia delle enormi costruzioni millenarie.
Mangiati dalle zanzare e con i piedi dolenti nelle infradito, siamo arrivati al Tempio di Era Lacinia come fosse una scalata, stanchi e soddisfatti, seguendo il sole che tramontava dietro le colline lasciando spazio ad un’aria più meno afosa.
Daniele che soffiava Che se io non sono andato a scuola c’è un motivo, è che io ste robe non le capisco. Belle eh, ma io non ci capisco niente.
Qualcuno che leggeva la guida a voce alta e poi ad un certo punto in silenzio tutti, ad osservare incantati la perfezione del Tempio della Concordia, con i suoi ulivi secolari a guardarlo come sentinelle mute.
E niente siamo qua, tutti alla soglia dei trent’anni e ci divertiamo a farci gli scherzi, prenderci in giro e fare foto da turisti.
Le persone.
Sono sempre loro che rendono un viaggio speciale.
Quelle che trovi in una terra nuova e a volte quelle che riscopri, dopo anni, gli amici di sempre.