Del viaggio come simbolo del non essere

È su un un traghetto Paros Mykonos che percepisco per la prima volta l’essenza del viaggio come metafora di transitorietà e vissuto dell’essenza, assaggio del qui e ora.

La velocità con cui si cambia luogo, orario, lingua, punto di vista e tradizione mi spinge oggi a chiedermi cosa è davvero reale.
Qual è il vero centro che tutti cerchiamo sul nostro cammino.

É della mente la ricerca di un piano cartesiano, due assi, o anche più, con cui relazionarsi e sulle quali poi impilare una serie di decaloghi, indicare ciò che è giusto e cosa non lo è.
Eppure i riferimenti cambiano appena fuori dall’aiuola che circonda il tuo giardino.
Ti basta affrontare una traversata con il vento nelle orecchie e osservare labbra che si muovono senza capire cosa dicono e soprattutto a chi.
É leggersi il pensiero senza ancora essersi scambiati il nome che ti ricorda cosa è, davvero, una relazione.

Siamo tutti anime gemelle lo so, ma avere vicino chi sento più simile a me dà sicurezza alla mia ricerca, al cercare il filo rosso che lega ogni singolo battito che accade in questo sogno che è la Vita.

Il viaggio come simbolo del non essere, né qualcosa né qualcuno.
Il viaggio come simbolo dell’essere un tutto.

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