Tornare a Genova, ancora e ancora e ancora…

Tornare a Genova la quarta volta è come rivedere un amante.
Un sentimento d’urgenza che si placa solo con l’incontro.

Porto Antico è ricolmo di un sabato pomeriggio e di sole, delle temperature miti che precedono l’inverno, di bancarelle piene di ricordi e cianfrusaglie che qualcuno ha deciso di buttare.
La malinconia nello sguardo di certe bambole abbandonate, l’opacità di pietre incastonate negli anelli che chissà quali dita hanno baciato, di cui nessuno racconta più la storia, naufraghe di chissà quale avventura ormai perduta per sempre.

La sopraelevata taglia in due questa piccola pianura genovese, uno dei pochi spazi aperti dove i piedi possono poggiare l’uno accanto all’altro senza salite o discese. Dove si vede il cielo spalmato su un’asse orizzontale e l’azzurro non è solo una lama rivolta verso l’alto che splende tra la notte diurna dei carruggi.
Una riga immaginaria scalfita con qualcosa di appuntito, uno squarcio che divide vecchio e nuovo, il pulito dall’indecoroso.
I carruggi si allungano dietro facciate ricche e decorate, con il loro odore stantio di scarti e di urina, ma così brulicanti di vita e bellezza da farti sentire presente e grato. Fedelmente figlio del mondo intero.
Dietro un San Giorgio ricoperto d’oro che sta di guardia all’anima segreta della città, incontri uno dei più antichi e rinomati ristoranti di Genova. Poco più su un take away indonesiano.
E giuro sulla santa anima di San Giorgio che nessuno dei due ha l’aria di essere di troppo.

Dovrei chiedere scusa ai Genovesi, che non sono avari come vuole l’immaginario comune, ma introversi forse sì, e forse un po’ gelosi. Dovrei scusarmi per parlare di questa città come se fosse mia, che troppe altre volte già gli è stata tolta. E già troppi altri l’hanno facilmente fraintesa, invasa e violentata.

Bella e forte. Nel vestito nuovo e le luci della festa.
Sedotta e abbandonata, ostentando dignità là dove si nasconde all’ombra di muri alti come pozzi.

Mi piacciono le persone, di Genova.
Molti sono strani, sembrano usciti da un film di Pasolini




« « Vorrei… | Volare verso Ovest… » »

2 Comments

  1. Bellissimo vedere quanto sia amata la mia città anche se non si è genovesi di nascita. Complimenti per le tue parole.

    • Caro Mattia,
      il tuo commento arriva a quasi un anno da questo post.
      Quasi un anno lontano da Zena.
      Mi sta visitando in sonno, e la lontanza da lei mi consuma come quella da un amore clandestino, o impossibile.
      La amo, la amo follemente, è come se mi scorresse nelle vene.

Leave a Reply