Lisbona. Primo giorno. E fu l’arrivo, il Chiado e fu il Bairro Alto

Lisbona ha il fascino di alcune città iberiche, con case e palazzi dai colori pastello una diversa dall’altro.
In realtà ogni suo quartiere ha un suo stile, un suo centro e una sua anima.

Dopo un viaggio movimentato – e non da particolari turbolenze quanto da una bambina seduta dietro di me che si divertiva a puntare i piedi contro il mio sedile – arriviamo in centro con una autobus che percorre la strada principale di Lisbona: Avenida de Libertad. Grandi palazzi in stile Pombalino sfilano davanti ai nostri occhi, insieme a grandi facciate dipinte da perfetti, coloratissimi murales.

Rossio - Lisbona

Arrivati in centro a Rossio ci mettiamo a cercare l’ostello, compriamo una cartina e ci addentriamo in una via molto commerciale della zona. La prima sorpresa sarà che quello che abbiamo comprato su inernet come un ostello in realtà non ha nulla a che vedere con una struttura ricettiva organizzata e adibita all’accoglienza semi-professionale di turisti, ma è un buco di casa decadente e scrostata adibita all’accoglienza non-professionale di ragazzi squattrinati.
Pençao LafonenseGeny, una donna mezza sdentata sulla quarantina, probabilmente indiana, ci accoglie subito dicendo che è desolata ma non ha una camera doppia, solo twiny-room, che l’ultima doppia che le è rimasta è senza finestre. Se vogliamo ce la può cambiare, ma in un posto simile una finestra può essere vitale, per eventuali cattivi odori, incendi, infestazioni di animali o altro.

In realtà il posto non è sporco, sta solamente cadendo a pezzi e noi siamo così basiti di trovarci in un luogo simile che ci limitiamo a dire che, “ok” va tutto benissimo così.
La stanza è un camerino lungo con due letti, una sedia dell’ante guerra – e anche se il Portogallo la seconda guerra mondiale non l’ha fatta è proprio da lì che sembra uscita questa sedia -, un ventilatore, un piccolo lavandino ed un bidet. La cosa più carina della stanza è il minuscolo balconcino che dà sulla strada.
Geny è molto simpatica e ci spiega tutto con una logorrea degna di maledizione, ci fa pagare in anticipo, registra la carta d’identità di Marco e ci mostra il bagno: una toilette della serie “anni nonni”, con la doccia nella vasca da bagno – e non vi parlo della tenda – e delle piastrelle blu di cui solo una bassissima percentuale risulta non crepata e perfettamente intatta.

Come sempre non ci lasciamo prendere dallo sconforto e ufficializziamo in due battute che per quel che paghiamo ci piace anche così. D’altronde dopo il nostro viaggio in Vietnam e dopo una notte al Playa Feliz di Livorno, non ci spaventa più nulla.

Ci mettiamo subito in strada per fare le presentazioni con Lisbona e vederla un po’. Partiamo subito dirigendoci verso Praça do Commerço e il fiume, che in realtà, con tanto di spiaggia, sembra quasi il mare.
Lisbona sorge su un grandissimo porto naturale che è l’estuario del fiume Tajo, e Praça do Commerço si apre a ferro di cavallo sull’acqua, circondata da palazzi enormi color limone, fronteggiati da archi che guardano una grande statua centrale.
Ci sono ragazzi che giocano a frisbee, decine di spacciatori che cercano di rifilarci del fumo, famiglie che passeggiano e bambini che girano con bici a rotelle.

Praça do Commerço

Risalendo la strada principale guardiamo qualche vetrina e artisti di strada che cercano di racimolare qualche spicciolo.
Gli spacciatori a Lisbona sono innumerevoli. Dal primo momento in cui siamo arrivati in centro, almeno ogni cinque minuti qualcuno ci si avvicina dicendo “ash, maria?” e non si vergogna certo di mostrarci i suoi prodotti. Pezzettoni di fumo a forma di supposta – e non voglio sapere perché ha proprio quella forma lì – e dei bei sacchettoni di erba.
In realtà sono molto gentili e simpatici, anche se la discrezione – nonostante il “lavoro” che fanno – non sia il loro forte. Spesso poi, a sentire i nostri “no grazie” in italiano, tutti contenti ci dicono “allora bamba?”. Da non credere! E noi cerchiamo di giustificarci, per toglierceli dai piedi, che “scusa” siamo appena arrivati.

Rossio - LisbonaRossio è una grande piazza ed è un po’ il centro nevralgico della città. Ci sono due grandi fontane che si dividono civilmente gli skaters e gli anziani e famiglie lisboeti. Una per uno.
Gli skaters si divertono a provare dribblate ed holly flip, nel loro abbigliamento stiloso sulle tavole di carta vetrata, mentre dall’altra parte i bambini pedalano sui loro tricicli con gli adulti poco più in là che mangiano il gelato.

Risaliamo i colli verso l’interno per curiosare qualche viuzza.
Lisbona, sorge su sette diversi colli, ognuno dei quali offre miraduri – punti panoramici – e accoglie i suoi quartieri.

Monastero do Carmo

Lisbona

LisbonaLe salite sono sfiancanti e per arrivare a Convento do Carmo siamo già sfiniti.

In questa fresca piazzetta ombreggiata dagli alberi di Jacaranda coi loro fiori purpurei, la gente se ne sta tranquilla seduta ai tavoli di un piccolo bar, sulle panchine a leggere il giornale o a sbaciucchiarsi innamorata. Davanti al portone chiuso del convento adibito a museo, uno skater solo si allena con scarsi risultati. Deve sudare parecchio se vuole far parte del gruppo che sta giù a Rossio.
Vedendo la determinazione nei suoi occhi prima o poi ce la farà.

A primo impatto Lisbona sembra avere il romanticismo di Parigi, solo un po’ più alternativo e meno chic.

Da quassù c’è una bellissima vista sulla città. Sono già le sette, il cielo è molto nuvoloso e un forte vento si incanala nelle lunghe strade che con forte dislivello portano giù al fiume. Decidiamo di andare a coprirci con vestiti più pesanti e poi mangiare qualcosa, che siamo affamati.

Lisbona

Prima di salire in camera proviamo quello che sarà il nostro più grande amore della vacanza, una bella Jinjinha: il liquore di ciliegia tipico di Lisbona. Un liquore delizioso ma molto, molto, forte.
Si vendono bicchierini da caffè a poco più di un euro, in piccole botteghe con gli scaffali pieni di bottiglie, tutte uguali, tutte allineate. Qui si vende Jinjinha e nient’altro.
A deliziarsi di questo liquore ci sono turisti, giovani ragazzi e stravaganti punkabbestia felici di ubriacarsi con pochi euro. C’è pure un senzatetto, che paga il suo bicchierino con monete da uno, due, cinque e massimo dieci centesimi.
Il gestore, dietro il suo minuscolo bancone, ha il viso stanco di chi fa sempre lo stesso lavoro ed ha a che fare con gente non sempre carina.

Jinjinha

Ripartiamo più coperti, dopo una doccia nel bagno “dei nonni”, passando per la via del nostro “ostello” rigonfia di gente. Un po’ il nostro Viale Dante, dove ristoranti mangia-turisti preparano piatti a tutte le ore e non hanno mai un tavolo vuoto.

Dopo un’altra Jinjinha

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e due chiacchiere con un ragazzo di Modena, in erasmus qui a Lisbona, ci dirigiamo verso il Chiado, il quartiere boheme di Lisbona, molto vivace e pieno di locali carini.
Il Chiado e il Bairro Alto si stendono su vicoli stretti che disegnano ripide salite e vertiginose discese.
Gironzoliamo senza una meta precisa, a “sensazione” come dice Marco, e il suo sesto senso – che poi sarebbe olfatto, guidato dalla fame – ci porta in una via attraversata dai binari della funicolare; qui in cima la cabina gialla a forma di tram, riposa per le ore serali.
La strada scende molto ripidamente e dal basso ci arriva musica e un odore di carne arrostita alla brace. Bingo!

Chiado

Qui al Chiado la festa di Sant’Antonio arriva in anticipo: ci sono già festoni ai terrazzi delle case, e per la strada – ufficiali o meno – ogni dieci metri uno spinatore di cerveza. Troviamo un angolo dove simpatiche signore arrostiscono fettine di carne e le infilano dentro morbidi panini. Leggiamo la lavagnetta con il menu e i prezzi ma, a parte cerveza, non capiamo nulla. L’unica parola che sembra commestibile è cacharro, così chiedo a Marco di cercarla sul dizionario portoghese-italiano.
Lui fa un verso schifìto e mi dice solamente: “guarda qua”.
La traduzione di cacharro è cane, ma i tempi del Vietnam sono passati ormai, e sinceramente non credo che in Portogallo si mangino cani.
Suvvìa. Bando allo scetticismo, mangiamo!

Chiado - Bairro Alto - Lisbona

Ci prendiamo così un panino a testa – che bisseremo appena terminato il primo – ed una birra. Finito di mangiare passeggiamo un po’ per questa salita lunghissima e molto ripida, mentre nel frattempo anche altri banchetti si sono attrezzati per arrostire sardine e carne di maiale. Gli spinatori di birra sono ovunque, anziane signore riempiono bicchieri davanti casa, intere famiglie occupano gli androni dei condomìni improvvisandosi baristi e la musica riempie le strade rendendo tutti allegri.

Ci sono anche già alcune ragazze che vendono piantine di basilico. La tradizione vuole infatti che per Sant’Antonio i ragazzi regalino alle loro amate questi vasetti con tanto di dichiarazione d’amore. Sant’Antonio è il protettore degli innamorati e tantissime coppie domenica si sposeranno per questo.

Risaliamo e ci spostiamo verso stradine più tranquille, tutto però è molto vivace e i locali notturni sono aperti e pronti ad accogliere gente. Girando gli angoli si scorgono scorci bellissimi; la veduta più bella compare a sorpresa una volta raggiunto il miraduro della chiesa di Sao Roque: qui si rimane incantati dalla città che illuminata si stende come un tappeto di stelle fino giù al fiume.

Passeggiando ancora ci imbattiamo in un locale stupendo, forse il più bello che io abbia mai visto. L’Alface Hall Cafè è un localino piccolo, semplice e dall’aria vintage, al cui interno ci sono solo coppiette che sembrano molto innamorate.

Alface Hall Café - Lisbona

L’unica stanza è arredata con una vecchia pompa di benzina, radio anni ’50, lampade colorate e una parete ricoperta di locandine di vecchi film dai titoli in portoghese.
Quel genere di locale che sembra curato nel minimo dettaglio, nonostante non sia lussuoso e non vi si trovi ostentazione. Entrando sembra di fare un salto nel passato: la maggior parte del mobilio è in legno e ha l’aria vissuta, le sedie sono una diversa dall’altra e un grande tavolo tondo con sopra dei dolcetti si trova in mezzo alla stanza.

Il nostro tavolino è piccolissimo ed è accostato ad un vecchio pianoforte sul quale è stato appoggiato un registratore vocale dell’anteguerra, di quelli che si vedono nei film, dove il microfono è un tubicino di qualche centimetro e i condensatori cilindrici sono grossi come barattoli di pelati.
L’atmosfera è tranquilla e molto familiare, e il locale è talmente particolare che dei passanti entrano solo per fotografarlo all’interno.

Alface Hall Café - Lisbona Alface Hall Café - Lisbona

Dopo una birra siamo stanchissimi e ci dirigiamo verso l’ostello. Ci mettiamo a dormire, ognuno nel suo lettino, con il sottofondo della strada che entra dalla finestra. Fischi, urla, tintinnii di piatti. Voto dieci a questa prima sera.
E poi il bello deve ancora arrivare.

Alface Hall café - Lisbona




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4 Comments

  1. ohhhhhh…finalmente leggo d voi a lisbona…è un pò che aspetto! avete visto che bello gironzolare senza meta? e per voi dev’esserlo stato davvero visto la festa di sao antonio!

  2. Un viaggio che medito di compiere da molto tempo. Quello che racconti di Lisbona mi infonde ancora più voglia e curiosità! La versione personale di un viaggio è meglio di qualsiasi agenzia…Grazie e complimenti 🙂

  3. Grazie a te Francesco…se consideri che oltre a questo blog personale lavoro (dunque scrivo) anche per un’agenzia di viaggio (http://blog.tui.it) direi che le due cose si sposano a pennello!
    Quando deciderai di visitare questa splendida città ricordati che puoi chiedermi consigli in ogni momento.
    A presto

  4. Ah ecco svelato il connubio essenziale! D’ora in avanti saprò dove curiosare per spunti di viaggio interessanti 🙂 Grazie, ciao