Viaggio a sorpresa nell’Umbria dei sapori, del buon vino, e dell’amore
E’ la prima volta, questa, che mi capita di partire per un viaggio a sorpresa.
Senza conoscere dove sarà la mia vacanza e senza studiarmi per filo e per segno ogni dettaglio della destinazione mi concentro solo sul viaggio, il tragitto.
Le montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano che scorrono la pellicola di un film, il sole che ci picchia in fronte e questi paesaggi un poco anonimi, quasi non vogliano rivelarmi la destinazione del percorso.
Bevagana è un piccolo borgo che pare disabitato, tanto siano infrequenti persone che girano e vivono per le strade.
Quando ci arrivi e per i primi due, trecento metri, trovi solo un gatto a cui chiedere informazioni ti sembra di essere finito in un set cinematografico abbandonato.
Questo è il mio regalo, il più bel regalo che potessi ricevere credo, un bel week-end di relax in un piccolo paesino sperduto tra le colline umbre. Che nonostante i nostri sei anni insieme riusciamo ancora a stupirci, a farci sorprese meravigliose ed entusiasmarci come fossero sei mesi – scarsi -.
La pavimentazione acciottolata di questo borgo non è l’ideale per le mie zeppe di circa 12 centimetri. Sì lo so che non si fa un viaggio con i tacchi, ma i miei sandali sono molto comodi e poi per una volta volevo provare a sentirmi uip (come scrive la mia amica Giovanna Gallo) e girare con trolley, abitino da pin up e i miei bellissimi sandali.
Il problema, ora, è che certe vie sono talmente acciottolate che non sono l’ideale neppure per il mio trolley, nonostante l’assetto ribassatissimo che può avere un trolley a due ruote.
Va bene, mi senti figa lo stesso, mentre inciampo e rischio di rompermi l’osso del collo, con il mio aitante compagno di vitache mi sostiene ad ogni buca e rischia di farsi staccare l’avambraccio.
Obbligato – tra l’altro – a non ridere e fare finta di niente, per non farmi sfigurare.
Giriamo un po’ per il paesello costretti a lasciare l’auto fuori dalle mura e dalla ZTL. Non sappiamo bene dove dormiremo, se si tratta di un agriturismo, di un B&B, di un hotel.
Ci muoviamo per le viuzze seguendo le indicazioni del mio Galaxy, con la gente – che intanto abbiamo trovato, nella strada principale – che ci guarda come se stessimo utilizzando un trasfonditore del continuum.
Tutti ci guardano come se fossimo due extra teresstri. Probabilmente non sono abituati ad avere “forestieri” – come chiamava la mia nonnina tutte le persone che venivano da fuori, anche quelli di Casinina – anche se i tanti negozietti che vendono prodotti tipici e souvenire lascerebbero credere il contrario.
Dopo un po’ che passeggiamo decidiamo di chiamare Elena, che ci dice di aspettare davanti all’Enoteca Piazza Onofri.
Qui a Bevagna le enoteche si sprecano, essendo Montefalco terra di buon vino e di olio prelibato.
Arriva una ragazza solare e chiacchierona, che apre un portone in legno, senza insegne, e ci fa salire al terzo piano, passando davanti a porte con targhette che riportano nomi di vini: Barolo, Amarone…
Arriviamo al nostro mini appartamentino e troviamo un grazioso monolocale con parquet e travi al soffitto, un arredamento rustico ma raffinato, un bellissimo letto bianco ed un bagno arredato con gusto.
Dopo che ci siamo sistemati facciamo una doccetta veloce e ci prepariamo per l’aperitivo che ci aspetta, a Montefalco, in questo rinominatissimo ristorante: Spiritodivino.
Arrivando da fuori, Montefalco si presenta racchiusa dentro le sue alte mura chiare, tutt’altro che imponente, piuttosto pacifica e discreta.
Mentre le stradine in salita che portano dalle mura al centro, ricordano una deserta Urbino, le strade principali rimandano a Gradara, in pendenza, i tavolini dei ristoranti sulla strada e i negozietti di souvenir.
Qui però c’è più vita, in centro ci sono enoteche dove i ragazzi si godono l’aperitivo del venerdì e gente che passeggia in lungo e in largo, con i turisti che curiosano per le viuzze ed acquistano vino e olio.
Spiritodivno è un luogo incantevole, un ristorantino con tavoli all’aperto su Piazza Barnabà: un piccolo spiazzo circondato da altissimi palazzi restaurati, con i loro mattoni chiari e perfettamente regolari.
Il vino bianco che ci viene servito è delizioso, fresco, lievemente fruttato. Un grechetto davvero eccellente, tanto buono e fresco che decidiamo di fare il bis.
La cameriera del ristorante, con malcelata insistenza, tenta di convincerci a restare anche per cena, con il suo accento umbro e una foga da super maratona.
Si impegna così tanto che le viene pure il fiatone.
E mentre Marco, che detesta l’insistenza di certi venditori, si scoccia, io mi diverto e fare la finta tonta, assecondarla e poi dedicarle pure un’imitazione.
La partita, comunque, è persa in partenza, visto che abbiamo già prenotato per domani sera e non ceneremo certo due sere su due nello stesso ristorante.
In questi giorni qui a Montefalco si svolge la trentaduesima Settimana Ecologica, una rassegna di eventi dedicata al vino, anima pulsante di questa terra e, in particolare, di questa città.
E’ così che passeggiando per il corso principale, sentiamo della musica nell’aria. Musica di ottoni e contrabbasso. Da qualche parte c’è qualcuno che sta facendo del jazz.
Troviamo un portone aperto che dà su di un bellissimo chiostro.
Al centro, rialzato di mezzo metro, un prato di erbetta verde e fresca ospita un gruppo davvero coinvolgente.
Sotto, ai lati, sono disposti dei tavoli con gente che mangia piatti prelibati.
L’odore di porcini ed erbe aromatiche ci conquista subito, ma prima, vediamo un banco dove si trova la cassa e dove si possono acquistare calici e porta bicchieri. Dai, quei porta bicchieri che ti metti al collo, simbolo delle feste enologiche, dove probabilmente bevi talmente tanto che non ce la fai neppure a tenertelo in mano, il bicchiere.
Prendiamo due calici – alla modica cifra di 5 € l’uno – ed entriamo nel salone dove venti cantine espongono i loro prodotti e i loro sommelier sono pronti ad illustrarli e servirli.
Iniziamo subito dal primo a destra, perchè poi la teoria di Marco vuole che andremo in fondo a sinistra, in modo che gli stessi sommelier non ci vedano troppo di frequente.
Si parte sempre con il più leggero e poi, andando avanti, si sale di gradazione e di corporatura. Riempiamo il bicchiere e ce ne andiamo ad ascoltare il concerto seduti su una panchina.
L’atmosfera è stupenda, la scena è bellissima, la musica coinvolgente e il vino, tutto il vino, davvero ottimo.
Questo è il posto più bello in cui ci potremmo trovare ora.
Così la serata procede tra note di jazz, risate e calici di vino, fino a quando decidiamo che per non cappottare forse sarebbe meglio mangiare qualcosa.
Ci sediamo in un grosso tavolone in legno massiccio, di fianco ad altre due ragazze – proprio come si fa alle sagre che ti siedi dove trovi posto – e ci viene una fame da lupi.
Il menu è praticamente una lista di piatti tutti quanti invitanti e sicuramente, a vedere i vassoi che ci sfilano davanti, tutti quanti deliziosi.
Io ordino una zuppa di cicerchie all’olio di Montefalco, mentre Marco prende un mantecato di cereali al ragù di funghi porcini e nepitella, entrambi deliziosi.
Finiti i primi siamo in effetti pieni ma io non resisto e voglio assaggiare il carpaccio. Carpaccio di chianina marinato con cipolle infornate, per l’esattezza. Semplicemente delizioso.
Siamo così cotti dal viaggio, dal cibo e dal vino che ci stiamo per addormentare al tavolo.
Finito di cenare ci avviamo verso la macchina, attraversiamo lunghe vie deserte e completamente buie, il sentore però è come se fossimo in un paese perfettamente conosciuto.
La tranquillità di questi posti è disarmante.
Arrivati a Bevagna è ancora è tutto silenzioso. C’è una piccola osteria con i tavolini sulla strada, dove le persone mangiano, bevono e chiacchierano con una discrezione mai vista.
Non un tono di voce che superi gli altri.
Pare di osservare un film muto, con le luci basse ma nessuna musica di sottofondo.
Le uniche voci che sentiamo sono quelle di due signore sedute davanti alla porta di casa, che chiacchierano tra loro in questo dialetto strano.
Vorremmo dar loro la buona sera, ma sono così intente nei loro discorsi che neppure ci notano.
Ci avviamo così al nostro appartamentino, mentre una coppia esce dall’Osteria di Piazza Onofri, proprio di fronte al nostro portone.
Ne esce in silenzio, sorridendo, e dalla porta, aperta per un istante, non arriva nessuna voce.
Nessun rumore, non un grido d’osteria.
Tutto tace, Bevagna riposa serena.
2 Comments
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- Week-end in Umbria: la mia mini-vacanza enogastronomica - [...] se volete potete leggere anche il mio diario di viaggio più [...]
eh brava la nostra sara…..enri (di lettere tanto per rendermi riconoscibile)
Ciao Enrico, che bello sentirti.
Hai visto? Ti ricordi quando dicevo che sarei finita a lavorare nel settore della finanza?
In fondo certe cose non possono essere cambiate…
Un abbraccio