Il mio Vietnam: lampioni di carta multicolori. Hoi An città delle lanterne.
Ci svegliamo in questa meravigliosa città con il canto del gallo, un gallo che sta rinchiuso in una
gabbia davanti alla casa che dà di rimpetto al nostro terrazzo.
Un gallo che inizia a cantare alle sei di mattino – e si addormenta alle undici di sera -, con frequenze mai inferiori all’un chicchiricchì ogni venticinque secondi – sì i galli fanno chicchiricchì anche qui e sì Marco ha cronometrato gli intervalli tra un canto e l’altro.
Facciamo una ricca colazione, con frutta, omlette, caffè e quant’altro. L’angolo per la colazione si trova su di un grande terrazzo in legno affacciato su una risaia.
Una vecchia vietnamita con la schiena ricurva sulle piante di riso, avanza lentamente nei suoi lunghi stivali di gomma marrone, mentre le rane cantano i canti del risveglio ed uccelli mai visti tagliano l’aria e si precipitano sull’acqua facendo incetta di insetti.
Questa città è un crogiolo di bellezze naturali, graziose costruzioni, persone meravigliose ed abili commercianti.
Facciamo una passeggiata per il centro della città, sulla via che costeggia il fiume e la sua parallela, con tutti i piccoli viottoli che le intersecano perpendicolarmente. Il suono della città, ad Hoi An, è il vociare delle persone che ti chiedono di vedere il loro negozio, motorbike for rent, where are you from? would you look my clothes shop?, manicure? pedicure? E’ tanto insistente quanto il suono dell’oceano a Phan Thiet, quanto i clacson dei motorini ad Ho Chi Minh o il canto degli uccelli a Jungle Beach.
E’ il suono della città, e lo sfondo del fiume quieto, colorato dalle barche che vi ormeggiano, lo rendono tutt’altro che fastidioso.
Andiamo da Vién con un po’ di anticipo, abbiamo appuntamento alle undici per provare i nostri capi e, se necessario, avere tempo di aggiustarli. Le camice di Marco sono perfette e mentre la figlia di Vién apre con un taglierino le asole di quella azzurra, due ragazze cercano di sbirciare con una nonchalanche pressoché inesistente.
I miei vestiti sono perfetti, solo la camicia è da stringere un po’ sulle spalle. La figlia di Vién è felicissima e continua a carezzarmi il braccio ripetendo “very nice, very nice“.
Mentre provo la mia gonna nuova, la ragazza che l’ha portata qui – e suppongo che l’abbia anche realizzata – mi dà una pacca sul sedere blaterando qualcosa nella sua lingua, sempre col sorriso sulle labbra.
Io lo prendo come un complimento, che ne sò, magari se ero più magra per loro ero meno very beautiful.
Tra un’ora sarà tutto pronto, così proseguiamo il nostro giro per lo shopping.
Prima di pranzo avrò comprato già un altro paio di pantaloni, un kimono di seta, delle collane e alcune t-shirt. Chop-sticks e scodelline per casa, souvenirs vari e commissionato un paio di stivali di pelle, avendo portato i miei preferiti da casa – ormai consumati dall’uso – per farne fare un paio praticamente identici ma di colore diverso.
Mentre sto pensando che questo è il paradiso, Marco mi guarda come se fossi indemoniata, soprattutto dopo aver constatato il miglioramento del mio inglese e delle mie tecniche di negoziazione.
Raggiungerò il massimo delle mie capacità trattando con una venditrice di monili. E mentre provo il mio nuovo giro di perle e tiro sul prezzo con questa ragazza incinta, lui sta sulla porta scuotendo la testa a dirmi che sono diventata uno sciacallo.
A pranzo torniamo dalle nostra amiche del ristorante vicino all’albergo. Prendiamo gli stessi Cao Lau with mushroom di ieri sera. Wonton con carne di manzo e solita mescola di odori e sapori per me, e gamberetti “alla vietnamita” per Marco. Anche oggi usciamo leccandoci i baffi, pienissimi e soddisfatti dopo un ricco pranzo da duecentomila dong – ovvero sette euro e cinquanta.
Ci rilassiamo un po’ sulla terrazza dell’hotel, tra il verde della risaia ed il canto delle rane. I scrivo i miei diari di viaggio, Marco sta leggendo accanto a me e una bambina tedesca interrompe la quiete con strilli e tuffi in piscina.
Torniamo per le vie di Hoi An, che è così piccola da esserci già familiare.
I punti di riferimento sono già fissati e ritornano, piacevolmente, ogni volta che usciamo.
Voglio togliermi lo sfizio di un giro su una delle piccole imbarcazioni locali che trasportano i turisti avanti e indietro sul fiume, così ci ritroviamo all’ora del tramonto su questa piccola barchetta di legno a guardare la città da un’altra prospettiva, dal basso del fiume e con il sole rosso fuoco che scende dietro un velo di foschia.
Hoi An è la città vietnamita delle lanterne, ci sono infatti tantissimi artigiani che le costruiscono incollando perfettamente strisce di tessuto sulle sottili asticelle di bambù. Così, con l’arrivo della notte, le vie si accendono di questi piccoli lampioni di seta, che riempiono l’aria di mille differenti colori.
C’è un’atmosfera da sogno, soprattutto in un angolo dall’altra parte del fiume, dove tre bancarelle di lanterne, una vicino all’altra, brillano come un dolcissimo albero di natale dalle luci soffuse e multicolori.
Ceniamo in un ristorantino molto particolare che si affaccia sul fiume Thu Bon. Gli arredi sono in stile etnico e la musica di Vinicius de Moraes riempie l’aria creando un contrasto particolare.
I tavoli sono coloratissimi, in legno pesante, e noi siamo seduti su uno stuoino con le gambe incrociate, attorniati da cuscini. Il suono sudamericano della musica e l’atmosfera orientale creata dalle lanterne sul di fuori.
Anche la cucina, qui al Mango Rooms è in perfetto stile fusion, ed unisce forti odori di spezie a verdure fresche cucinate in stile occidentale.
Per antipasto verdure fritte in una pastella dolce e croccante, ricoperte di una salsa deliziosa e spolverate di non so quale ingrediente grattato sopra tutto il piatto. Una combinazione di sapori insolita e gustosa, presentata asimmetricamente come un quadro futurista.
“La Cubana” di Marco – così si chiama il piatto che ha ordinato – è un mix di teneri bocconcini di manzo cotti alla perfezione e abbinati a cubetti di mango e pomodoro. Il tutto ricoperto di pepe e spezie tra il saporito e il piccante.
Il mio “Buddha qualcosa” consiste in cubetti di tofu stagionato e verdure tagliate a julienne, il tutto condito da una salsa molto speziata e piena di pepe.
Il mio piatto è gustoso ma non tanto come quello di Marco, che decreta il suo uno dei migliori che abbia mai provato.
Alle dieci di sera la città si è svuotata. Solo i lampioni di carta e qualche motorino di passaggio ravvivano le strade ormai addormentate. Sono già tutti a letto gli artigiani e i commercianti di Hoi An, il mercato inizia presto il mattino, come si sveglierà presto il nostro gallo ed anche noi, per partire alla volta di Hué.
Come sapevo sarebbe successo ancor prima di vederla, Hoi An è la città di questo splendido Vietnam che più mi rimarrà nel cuore.
Un piccolo insediamento di persone cordiali come lo era stato Doolin, in fronte alle isole Araan, durante il nostro viaggio in Irlanda.
Quei piccoli luoghi che porterai sempre con te e che ti addolciranno il cuore ogni volta che li ripenserai, durante tutto l’arco della tua vita.
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Ciao Sara sono la Dani,
tanto per aggiornarvi un pò sugli ultimi accadimenti in quel di Riccione volevo comunicarvi che Andrea martedi ha deciso di sacrificarsi per risollevare le sorti del San Lorenzo Calcio a sette: HA PRESO PER MANO la squadra, l’ha motivata grazie alle sue abili gesta in fase di attacco e ha segnato… il problema è che in fase di attacco ci ha lasciato l’altra mano…
Quindi ora oltre a sfighy a cui devo infilare una compressa antibiotica in gola per un infezione al fegato che gli è costata 4 gg di permanenza presso l’ambulatorio veterinario, per i prossimi 30 giorni di GESSO PER FRATTURA AL IV METACARPO MANO DX dovrò assistere anche il nostro carissimo Andrea nelle quotidiane attività che richiedano l’utilizzo di due mani…
…senza pensare poi che sabato partiamo per la montagna e lui non può guidare nè tantomeno sciare…
Penso che riuscirei a sopportare anche uno sleeping bus vietnamita piuttosto che guidare io per l’intero viaggio…
Buona permanenza (almeno a voi)…
P.S.: Sulle etichette di molti capi delle nostre migliori marche d’abbigliamento sportivo si legge: “MADE IN VIETNAM”. Non è che per caso vi siete imbattuti tra una lanterna (che peraltro adoro) ed un kimono in qualche spaccio dove la nike te la tirano nella schiena…?
Ciao Dani, che sfiga per la mano di Andrea! Ieri nessuno ci aveva detto niente e ci eravamo pure sentiti. Fortuna a te che ci tieni aggiornati!
Per quello che riguarda l’abbigliamento sportivo purtroppo non ho visto nulla della Nike e neppure dell’Onitzuka – che mi avevano detto essere ovunque.
I negozi di abbigliamento non hanno assolutamente i nostri canoni e a meno che non ci si faccia cucire qualcosa su misura sono poche le cose davvero carine.
Tienici aggiornati prima di partire sulla mano di Andre ed il fegato di Sfighy (mmm…4 giorni di ricovero, immagino pagati come 4 giorni in una SPA). Tra l’altro abbiamo bisogno di Andre per un piccolo favore: siamo rimasti senza soldi! Pisu è partito segnandosi il PIN della carta di credito sbagliato!
Mi sa che qui, Sfighy, lo siamo un po’ tutti!
Complimenti per il bellissimo resoconto dei momenti passati ad Hoi An. Ci devo passare pure io tra qualche giorno… vorrie chiederti dove avete pernottato? E il nome preciso dei luoghi dove avete cenato?
Grazie e complimenti ancora
Marco
Ciao Marco,
noi abbiamo soggiornato al Thien Thanh Hotel, te lo consiglio vivamente.
È economico, lontano dal caos del centro ma a portata di mano da tutto (Hoi An in realtà molto piccola).
Il servizio è speciale, la colazione non solo abbondante e squisita ma servita su una terrazza affacciata su una risaia (vedi la foto nel post).
Del ristorante purtroppo non ricordo il nome ma lo riconoscerai:andando dal centro verso l’hotel lo troverai sulla sinistra, ha dei carinissimi tavolini in legno e sulla parete ci sono appesi tantissimi fogli con tutti i complimenti dei vari clienti (compreso il nostro!).
Ti prego, fammi sapere, sono curiosa di sapere come andrà.
Vedrai che meraviglia…rimarrai estasiato!