Buona Vita a me!

In questo inizio d’anno sento il timore e l’entusiasmo insieme che sanno darmi i nuovi inizi, la scaletta di sogni, propositi e to do che adoro stilare per mettere in ordine le idee, prima di fare un nuovo passo.

“Ricomincio da qui” l’ho già usato per il mio ultimo post, e comunque non sarebbe indicato: è stato un passaggio graduale, o forse sono stati così tanti i nuovi inizi dell’ultimo anno, che ormai non sento più lo stacco, lo scalino del prima e il dopo.

La verità però è che, se anche oggi è un primo giorno, io sono ciò che sono perché ieri sono stata ciò che ero.
È questo il pensiero che riesce – non sempre – a pacificarmi quando penso agli errori commessi, ai treni persi, alle parole sbagliate, zavorre che creano cortocircuiti nella testa e perdite consistenti di energia.
Provo a darmi pace osservando la strada che mi ha portato fin lì, a quel crocevia, alle emozioni che hanno guidato certe scelte, e soprattutto a quel che mi fa essere qui, adesso.

In questo inizio d’anno è tutto un ribollire di emozioni, paura innanzitutto; paura di buttare all’aria questi schemi ripetitivi in cui mannaggia a me continuo a cadere e ricadere. Come una rana bollita riconosco – io, millantatrice del cambiamento – quanto siano rassicuranti i binari, la strada già tracciata, i riflessi incondizionati. Quanto costa, in termini di energie, cambiare.
Ma se per ricominciare non esiste una riga netta da tirare, è vero che le zavorre si sgretolano piano piano, il carattere si addolcisce poco a poco – o si prende a randellate con la mazza – smussando gli angoli, facendo un passo avanti e due indietro, due avanti e uno indietro.

Sto abbandonando l’impetuosità dell’ariete, la compulsione di prendere a cornate qualsiasi cosa mi si presenti innanzi: mi ami? ti prendo a cornate; mi odi? ti prendo a cornate; mi offri il tuo aiuto? perché non prenderti a cornate?!
Sto abbandonando l’ossessione del tutto e subito, del tutto o niente, dell’adesso o mai più.
Non credo riuscirò mai del tutto, e mi sta anche bene così, ma sono felice di vedermi ammansire, di imparare a dar voce ai bisogni più intimi e poi – talvolta – mollare il volante e lasciarmi guidare.
Ecco, l’insegnamento più prezioso dell’anno appena trascorso è la resa.

Del passato come un continuum, della mia vita che incessantemente si trasforma e mi tra trasforma, mi tengo un linguaggio tutto mio con l’Universo, una canzone del Boss è il saluto di un amico dall’altra parte del cielo, e palloncini di varie forme e colori si palesano nella mia vita nei momenti più difficili: briciole di Pollicino che mi guidano quando vorrei una pacca sulla spalla e invece siamo io e la mia realtà, creata negli anni con le scelte, gli sbagli, le scommesse vinte e quelle andate ai cani.

Mi tengo stretta le amicizie, quelle che sanno farmi sentire a casa, con le quali mi sento compresa e che quando non mi capiscono sono comunque lì, a dirmi “stai tranquilla, andrà tutto bene”, le persone con cui ridere, piangere, ballare e mollare ogni freno, tanto ci si fa da paracadute.
Tengo le amicizie che anche da lontano ci si tiene per mano, che vivono affacciate su un altro mare eppure così vicine, a portata di pensiero, con cui a distanza di anni si parla sempre la stessa lingua, quella del cuore.

Sto facendo entrare, per farne tesoro, l’idea che tutto può andare così come è arrivato; che la vita è un’esperienza da vivere senza il bisogno di imbrigliare le persone in un abbraccio troppo stretto, prediligendo il sempre al per sempre, che se qualcosa – o qualcuno – ha davvero fatto parte di te, continuerà a vivere in ciò che sei senza bisogno di costringersi l’un l’altro.
C’è da lavorarci, ma una parte di me sa già che questa è la Verità.

E poi c’è una casa, finalmente, in cui vivo da un anno esatto ma che sento Casa da un mese appena.
È arrivato, questo senso, con un bell’albero di Natale e uno sguardo rivolto verso dentro.
Non più indietro ma dentro, senza scappare fuori, senza cercare altrove; fermandosi ad ascoltare tutto quello che una persona nata a primavera può vivere nel tempo di un caffè: un cielo di marzo, il mio cielo interiore.
Emozioni come le nuvole di De Andrè.

E del nuovo anno?
Ma che ne so!

Pare che fare pronostici e progetti di vita sia ormai del tutto inutile: se guardo indietro tutto ciò che consideravo certo è crollato senza che neanche me ne accorgessi, e allo stesso tempo ciò che mi precludevo mi è stato poi donato in abbondanza.

Mi tengo l’entusiasmo di andare incontro all’insolito e allo sconosciuto, senza paura come fanno i bambini, così come iniziare l’anno nuovo facendo qualcosa che non avevo mai fatto. La curiosità di conoscere persone nuove, parlare con l’altro, ascoltare di più, ascoltarmi di più.
Dialogare con me stessa con sincerità, pacificando il Nord e il Sud che vivono e sempre vivranno in me.

POSSIBILITÀ è la parola di questo nuovo anno, di questo breve o lunghissimo tratto strada in cui mi sono addentrata giorno dopo giorno, con le mie scelte, infiniti sbagli, ma sempre con questo desiderio di scoperta che è il mio Senso, il mio motore, il mio punto di partenza e anche di arrivo.

Felice vita a me!




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